andrea deiddanastro2020 - Sperimentale, Glitch, Elettronica

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Un lavoro che riprende la tecnica della manipolazione dei nastri con un approccio più contemporaneo, dedicato agli appassionati ma non solo

Il titolo e la tracklist di questo lavoro di Andrea Deidda, una serie di tracce Nastro numerate da una a dieci, dovrebbe farci capire subito che siamo davanti ad un lavoro dedicato ad una delle arti più classiche e, al tempo, innovative e rivoluzionarie della musica elettroacustica: la manipolazione delle bobine di nastro magnetica. Una tecnica ormai quasi antica, obsoleta rispetto ai progressi raggiunti dalla sintesi e dalla tecnologia che utilizziamo per creare da ascoltare musica. Deidda però tematizza questo recupero con una prospettiva interessante, che non guarda al revival nostalgico o al virtuosismo smanettone da maniaco dell'analogico, ma poggia proprio sulla storicizzazione del nastro come supporto e come strumento musicale. La gestualità e i tempi richiesti dall’ascolto sul nastro, la manualità artigiana del taglia e cuci e della manipolazione, sono lo specchio di un tempo diverso che ci dice qualcosa anche del nostro presente, non solo nel rapporto con la fruizione e la creazione di musica, ma anche con il tempo, gli oggetti e la quotidianità e l’accessibilità dei supporti culturali. Un percorso artistico interessante che, chiaramente, rimane alle spalle del disco, determinante ma invisibile l’orecchio dell’ascoltatore. Quello che invece è udibile e il recupero della tecnica attraverso un’estetica sonora tutto sommato moderna, orientata sulle direttrici della musica sperimentale classica” ma affine anche alla più moderna musica sperimentale elettronica che si è evoluta dal dancefloor. La colonna portante della serie di composizioni è un layer di fruscii, tensione elettrostatica e rumore bianco che l’anima del nastro, un oggetto sonoro che ritorna ad ondate modificandosi e viaggiando ciclicamente da texture noise a musicalità da pad sintetico. Al di sopra, l’innesto di una serie di impulsi in forma somigliante a kick e percussioni o più leggeri indefinibili crepitii della materia sono, che regalano una piacevole ed inaspettata ventata ritmica che a momenti tocca territori IDM ( Nastro 3). Nonostante le premesse rigorose, l’ora di composizioni scorre senza annoiare, complice un senso di tridimensionalità e concretezza che restituisce il lavoro che c’è dietro ‘Nastro’, ma soprattutto il tentativo di reinterpretare in chiave più contemporanea una tecnica che arriva diretta dagli albori della musica elettronica.

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La recensione nastro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-10-28 03:04:03

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