Impostazioni dark wave si sposano con influenze Bowie, Cure e Talking Heads per un lavoro pregevole e pieno di idee
Parliamoci chiaro fin da subito: Wrong quotes, l'album di esordio dei Dana Plato, è un lavoro bellissimo. Ma non perché inventa chissà cosa per chissà quali posteri. Semplicemente perché le carte calate in tavola da un'opera del genere presentano grande maestria e profonda conoscenza dei mezzi, sia di provenienza culturale che di impostazione tecnica.
Il progetto Dana Plato nasce per volere di professionisti apparentemente diversi tra loro – Alessandro Calzavara alias Humpty Dumpty, Giovanni Mastrangelo aka Monster Joe e Gianluca Ficca in arte Fixx – ma, nella sostanza dei fatti, perfettamente in grado di riconoscersi e confluire a dovere in una saggia e giusta miscela di competenze e intenzioni. Il risultato è un ibrido tra varie sfumature che, però, riesce abilmente a mettere radici dove altri finiscono per perdere l'orientamento.
Fin dal nome – Dana Plato era la Kimberly Drummond della sitcom Il mio amico Arnold, viso acqua e sapone in antitesi con una realtà interiore ben più travagliata – emergono quelle tinte oscure e sinistre che sfociano in una dark wave perturbante che strizza l'occhio al post rock ma solo per meglio tracciare i lineamenti di un'attitudine sonora molto affascinante per quanto riguarda identità e intenzioni.
Echi di un David Bowie a metà strada tra gli esperimenti di 1.Outside e Scary monsters fanno capolino dove c'è da intensificare l'impatto emozionale del tessuto sonoro (Thrill e The vibrator play svolgono bene questo ruolo), mentre l'impostazione The Cure delle origini – con tendenza alle aperture melodiche di Disintegration – si sposa abilmente con piacevoli martellamenti alla Wire (Little genius). Più che sorprendere, dimostrano conferma espositiva le incursioni in stile Talking Heads di Nothing left but speak, The prettiest girl of all time e Butterfly chips (qui più sul versante secondo lato di Remain in light), ma sempre su fronti solo apparentemente divergenti quali Joy Division di Closer, Velvet Underground e scie gothic wave riflessive. A tratti sembra anche di avere a che fare con vette 'floydiane' per via di un sentore psichedelico originario (è il caso, forse, della strumentale Majesty), ma a governare sono anche impostazioni elettroniche di richiamo ai Neon, delicatezze alla Smiths e brevi escursioni indie-pop che concorrono a fare del tutto un pregevole punto di partenza per sviluppi sempre più maturi e passionali.
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La recensione Wrong Quotes di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-10-05 09:24:32
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