Ci sono ancora quelle band al tritolo che fanno dischi brevissimi e “brucia tutto”, derivate dal post-hardcore. Quelle coi riff non distorti ma dal suono saturo, che urlano testi brevi e urgenti, possibilmente enigmatici. Nascono ancora band figlie dei Do Nascimento e dei Riviera, e la cosa non può che essere una grande notizia.
Fanciullino è un duo proveniente dalla provincia di Pisa, e di quei riffettini di punk isterico si nutre a volontà. Per creare un microcosmo di canzoni secche e schiette, lanciate nell’etere così come sono nate, senza post produzione o ghirigori. Durata media di 120 secondi e la ricetta è servita.
A un primo ascolto Ultras Timido potrebbe sembrare un disco pre-confezionato, per i canoni del genere a cui appartiene. C’è quella dose ben calibrata di disperazione ironica che serpeggia qua e là tra gli accordi; c’è uno zoom preciso su una specifica zona d’Italia nei titoli Cafaggiareggi e Solo Metato; ci sono vari tentativi di strappare una frase iconica, di quelle da scrivere sui muri affinché tutti la notino passando di sfuggita.
Questi elementi, che oggi potrebbero ormai annoiare, hanno però bisogno di una cosa per far decollare una band. La sguaiatezza, e non si può certo dire che ai Fanciullino questa manchi. La gola spalancata che cerca di cantare più forte del caos emesso dai due strumenti suonati ci fa tendere le orecchie verso liriche che, quando non cercano l’applauso, si spostano in un terreno al tempo stesso narrativo ed ermetico. Come una camera a mano seguiamo le parole in questo intricato sentiero di batteria e chitarra, talmente sincero e disordinato che è impossibile volergli bene. C'è poco da capire e tanto da ascoltare.
Sotto il verbo del non esagerare Ultras Timido chiede di essere riascoltato di nuovo appena finito. Complice una copertina minimalista – à la White Album, però post-hardcore –, e un vulcano sonoro da cui non viene spremuta mai una goccia di troppo. I Fanciullino sono scaltri, e sanno come usare un linguaggio molto specifico. Quando spengono gli strumenti ci aspetteremmo di trovarli in sala prove con le orecchie fischianti, tutti frastornati dalla marea di decibel che hanno vomitato. Invece sono lì ad aspettare il nostro ingresso, col sorriso beffardo. Cercano approvazione e noi gliela diamo, sognando di pogare le loro canzoni, e aspettando una maggiore maturità stilistica.
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