Solitamente non sono un amante di quegli album nati allo scopo di reinterpretare opere letterarie in chiave musicale: nella maggior parte dei casi li trovo superflui, non aggiungendo nulla all’opera originaria, oppure inutilmente leziosi, meri esercizi retorici e stilistici utili all’ego del musicista e a mostrare al pubblico di aver letto quel particolare libro.
Ci sono poi le dovute eccezioni, come ad esempio questo Echoes of Spoon River – Part 1 – The Hill, ispirato evidentemente a quel capolavoro della letteratura americana che è l’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters. Le notizie sul bolognese Poorwhite, mente e mano dietro gli otto brani dell’album, scarseggiano: questo alone di mistero contribuisce a portare in primo piano la musica, facendo sfumare l’autore sullo sfondo e lasciando tutto il palcoscenico alle canzoni e alle storie che esse raccontano.
Anche musicalmente i punti di riferimento rimangono ben piantati nel mondo anglosassone: un folk nordamericano asciutto, quasi amatoriale nella sua semplicità, a tratti scarno ma mai banale, arricchito da una spruzzata di synth psichedelici che portano le sonorità verso i lidi australiani dei Tame Impala. Il risultato è un disco al suono del quale aggirarsi trasognati – quasi allucinati – tra le lapidi del cimitero di Spoon River per ascoltare le storie che i suoi abitanti ci raccontano, ancora una volta, e scoprirne le sfaccettature che soltanto la musica può rivelare.
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