La musica che gira intorno porta i Superlovers a fondere, in dieci tracce, note e stili che hanno caratterizzato il loro vissuto. Il risultato è una wave nostalgica che fa bene al nostro presente.
La musica compie davvero grossi giri.
Una riflessione su cui torneremo più tardi, perché bisogna iniziare con ordine e presentare i Superlovers, che dopo anni trascorsi a definire la propria identità musicale (sono attivi dal 2014) si gettano nella mischia autoproducendo il disco d'esordio, intitolato “Smoke Machine”.
Gianluca Damiani, Giovanni Colatorti, Francesco Monterisi e Lele Diana selezionano, quindi, dieci tracce in funzione di biglietto da visita e manifesto artistico: definire in categorie la miscela sonora proposta risulta riduttivo, perché c'è una precisa funzione formativa e sociale operata a priori per le canzoni che giungono ai timpani. Immaginatevi (nel caso non lo siate) come dei non più kids nati a metà anni '80/inizio '90, e provate a mettere insieme tutte le note e gli stili che hanno caratterizzato la vita a cavallo tra adolescenza e il periodo universitario: ecco, i Superlovers ricercano, senza rinunciare all'istinto, una commistione fra indie rock, melodie synth-oriented e pop elettrificato, barcamenandosi in stanze elettro-acustiche. Più che parlarne, incide maggiormente ascoltare quello che hanno da proporci, perché “Smoke Machine” si rivela un disco valido, malinconico quanto basta e intriso di contenuti sia per il compositivo sia per quello autoriale, in brani dove si trattano temi delicati tanto per il singolo (l’amore incondizionato, il perdono, la dipendenza) quanto per la visione collettiva (l’emergenza climatica, l’edonismo e il narcisismo).
Operazioni del genere fanno bene in un panorama discografico (soprattutto sul versante emergente) sempre più ingabbiato negli stilemi del momento e nelle tendenze che danno modo di venir fuori e provare a scalare le classifiche dello streaming; c'era una volta una wave che veniva riproposta e coinvolgeva realtà in modo crescente perché era cool, certo, ma prima di tutto perché piaceva e generava connessioni, permetteva di riconoscersi vicendevolmente. Ora non è sempre così, quindi mi tengo stretto “Smoke Machine”, considerando che ho sempre apprezzato La Fame di Camilla ed una volta ho anche avuto modo di intervistarli.
Nel frattempo, sono passati dieci anni. Rende l'idea di che giri fa la musica?
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La recensione Smoke Machine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-02 00:00:00
COMMENTI (2)
@Superlovers è stato un piacere, a presto! ♥
@GiandomenicoPiccolo Grazie per la tua recensione. Abbiamo apprezzato molto. A presto!