Alcuni dischi d’esordio hanno il potere di trasmettere una tale maturità artistica da far credere che siano stati mandati indietro nel tempo da una versione futura dell’artista, tanto sembra incredibile la loro messa a fuoco, il loro essere “giusti”. Da soli mai, esordio di Lamine – al secolo la sicula Viviana Strambelli, attrice prestata alla musica e musicista prestata alla recitazione – è senza ombra di dubbio uno di quei dischi.
Il territorio in cui l’album si muove è quello dell’indie pop italiano, mescolato occasionalmente ad influenze elettroniche (Non se ne va) e a chitarre dilatate, quasi dreamy (Lamine). Pur non inventando niente, è indubbio fin dal primo ascolto che Lamine riesce a trovare una propria personale espressività, senza accomodarsi nelle scappatoie di un genere che negli ultimi anni è stato frequentato da un grandissimo numero di artisti: si va dalla trasognata malinconia di San Lorenzo, all’onirica allucinazione di Penna Bic – forse l’episodio più interessante dell’album, con richiami all’ultima Angel Olsen –, fino al groove riflessivo di Da soli mai. L’intelligente commistione di queste diverse vibrazioni è figlia da un lato della grande cura dedicata ad ogni brano, dall’altro di un talento che permette di giocare con questi elementi con naturalezza e spontaneità, senza mai dare l’impressione che ci sia dietro qualcosa di premeditato.
Da soli mai è un disco capace di suonare contemporaneo senza essere schiavo della contemporaneità. È il primo passo di quello che potrebbe diventare un percorso artistico importante: auguriamo a Lamine che possa essere davvero così, ché sentire bella musica è sempre un piacere.
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