Album elegante ed educato, sospeso tra pop colto e vibrazioni psichedeliche anni '60.
Nel corso degli ultimi anni la diffusione dei social, e la parallela crescita della loro influenza sulle nostre vite, non ha mancato di influenzare anche il mondo della comunicazione musicale. Ogni artista sbandiera allo sfinimento i propri successi, in un susseguirsi di numeri, classifiche e record infranti che paradossalmente evidenziano la pochezza dell’arrosto nascosto dietro al fumo social.
All’estremo opposto di questo modo di strombazzare la propria musica troviamo i toscani Medjugori e il loro nuovo disco, L’età del ferro. Senza troppi proclami, il quartetto originario della provincia di Firenze porta avanti un’idea di musica colta ed educata, una riuscita commistione di pacato college rock e di pop anni ’60, il tutto arricchito da leggeri guizzi psichedelici: sonorità che vanno incontro all’ascoltatore senza puntare al ribasso, ma anzi cercando di fargli fare quel passo, quello sforzo in più che solletica la testa e lo spirito. Se da un lato bisogna riconoscere che qualche episodio risulta un po’ sottotono, come la conclusiva L’ultima mosca, e che una leggerissima ritoccata al minutaggio avrebbe complessivamente giovato alla fruizione, dall’altro il disco riesce a mantenere una direzione solida anche nei momenti meno intriganti, che vengono superati senza troppa difficoltà.
L’età del ferro è un album che ha rispetto dell’intelligenza dell’ascoltatore: non si trincera dietro preziosismi di varia natura, ma ciononostante non rinuncia a chiedere la giusta dose di attenzione e interesse per poter trasmettere il suo lato più interessante. Il risultato è un disco solido e maturo, che intrattiene con brillantezza. Di questi tempi non è poco.
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La recensione l'età del ferro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-01-02 23:55:00
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