Con le radici nell'elettronica e nella tradizione pugliese il nuovo viaggio di Go Dugong riesce a guardare oltre, verso altri luoghi e suoni
Nella musica, come nella vita, spesso alla fine si ritorna verso casa. Dopo essersi fatto contaminare dall’onda global bass afro-tropicale con ‘Curaro’, Giulio Fonseca aka Go Dugong ha iniziato un percorso di avvicinamento verso le sue origini, in Puglia, e forse non c’è contributo più prezioso che un producer capace possa dare ai suoni della sua terra e all’universo global bass che declinare i primi nel verbo della seconda. Un nostos omerico cominciato con quel gioiellino di ‘TRNT’, quattro pezzi che hanno riscritto l’ibridazione tra folk meridionale ed elettronica secondo regole moderne e mai stucchevoli, e che ora, dopo la parentesi pandemico-psichedelica di Gianpace, continua con il full lenght ‘Meridies’. L’album mantiene la caratteristica vincente dello scorso EP, quella capacità di stare in bilico tra il materiale originale e il linguaggio elettronico.
Ci sono ritmi e suoni inequivocabili: flauti, zampogne e cornamuse, sonagli e crepitacoli, tamburi e tamburelli, le voci e le formule magico-linguistiche di un Sud magico demartiniano. La taranta elettronica di ‘Meridies’ però non è la musica popolare con un rivestimento elettronico posticcio, ma un discorso musicale che evoca o rievoca la tradizione (le tradizioni) ereticamente, a volte ne mastica e digerisce i brandelli per restituirli alterati, a volte semplicemente ne suggerisce la presenza o la ricostruisce per addizione e sottrazione, magari ibridandola con altri linguaggi.
Perché l’orizzonte meridiano non si ferma al tacco d’Italia e non potrebbe mai farlo, è una prospettiva che necessariamente guarda ai Sud mondo a partire dal nostro mare interno. Una linea turchese e oro su cui soffiano venti sudamericani (l’incedere digital cumbia di Pan), che raccoglie voci dall’Africa mediterranea e dal subcontinente indiano (Mercato nero), fino a toccare le altre sponde dell’Atlantico nero (Montagna sacra). È un discorso coerente con lo spirito dell’album, anzi imprescindibile, ma anche un segno di continuità tra i lavori di un produttore che negli anni è passato per l’indie suonato, il sampling di scuola hip-hop, il field recording, fino all’autoterapia psichedelica in musica.
In ‘Meridies’ troviamo tanto di questo percorso, raccontato in un flusso non scomponibile che si arricchisce con contributi musicali come quello di Alfio Antico e Mai Mai Mai, in prima linea nella ricerca tra musiche popolari e linguaggi contemporanei, ma anche di strumentisti come Francesco Fratini e Claudio Cardelli. In questa alchimia di tempi, luoghi e processi diversi ritroviamo densissimi momenti dancefloor oriented come Tarantismo e Randagio, forse la sintesi definitiva tra beat techno e l’essenza trance del ritmo di taranta, i frattali psichedelici di Luci nel bosco, lo spaghetti western meridionale di Sacarà e la curanderia funky di Corna di serpente, l’esoterismo popolare di Esorcismo e la tridimensionalità digitale dell’elettronica contemporanea in Risveglio, in atmosfere cupe o pacificate, cariche di magia terrena o piene di visione estatica.
Il tutto con coerenza e senza sbavature musicali né concettuali, perché in fondo ‘Meridies’ è proprio una riflessione sull’alterità, sul rapporto tra essere umano, interiorità e ignoto, spirito e materia, terra e cosmo. Una riflessione articolata nella maniera più contemporanea possibile, e vale a dire cercando un ponte tra l’arcaico magico e il moderno razionale, lo sciamanesimo e la psichedelia contemporanea, la terra d’origine e l’orizzonte globale, l’elettronica e la declinazione più umana del suono.
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La recensione Meridies di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-13 15:21:00
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