Il Radiotelescopio di Arecibo se ne sta tutto tranquillo fra le montagne dell'isola di Porto Rico, ma le spiagge che danno sull'Oceano Atlantico distano solo mezz'ora in auto: il bello è che l'acqua non è mai troppo fredda. Dicono che il radiotelescopio sia ormai definitivamente in pensione a causa di un paio di incidenti avvenuti più di un anno fa e comunque si tratta di un fatto comprensibilissimo, considerando che aveva cominciato a lavorare agli inizi degli anni Sessanta: non deve aver avuto neanche bisogno di Quota 100. Ciò che conta è che Arecibo è protagonista della storia d'amore tra noi e lo Spazio: da qui, nel 1974, gli astronomi americani Frank Drake e Carl Sagan inviano un messaggio alle stelle e agli alieni; non è trapelato ma forse la comunicazione porta con sé anche un brano di jazzcore, sperimentale e caraibico, giusto per dare agli extraterrestri un'impressione un po' sofisticata, in modo che non pensino di avere a che fare con un popolo di primitivi sprovveduti senza gusto intellettuale. Così quel codice binario pieno di dati su di noi e sulla nostra posizione vaga nello spazio profondo e nero per diversi gigaparsec, ovvero svariati anni luce tradizionali, facendosi compagnia nell'oscurità di un buco nero con le sue colonne sonore preferite provenienti dai decenni futuri ma dal sapore vintage. Poi all'improvviso la Costellazione di Ercole illumina la scena come si deve, perché "Dio ha un bell'impianto luci" come cantava Manuel Agnelli con gli Afterhours, e in effetti così la capsula contenente il messaggio si può sfogliare qualche pagina di amata fantascienza. La capsula è una mini-navicella sperduta nell'Universo, è una formichina che zampetta nella vastità dell'immenso, è un granello di sabbia portoricana nello spazio infinito, è l'uomo in tutta la sua smarrita piccolezza.
Il pianoforte elettrico e il sintetizzatore di Andrea Sanna, la batteria e l'elettronica di Nicola Vacca insieme al basso di Mauro Medde, che con le iniziali dei loro tre cognomi formano i SVM, creano un suono che effettivamente non si può etichettare, arricchito dal sax di Francesco San Giovanni all'occorrenza. A tratti emerge di più l'elettronica, a tratti il prog, poi prevale il Jazzcore ma ogni tanto si affaccia anche il rock: di certo nella produzione della band sarda, già ospite di Umbria Jazz, ci sono solo la sperimentazione e la curiosità, che permettono di far viaggiare la mente ad ampissime latitudini. Uno sbocco ottimale per queste tracce potrebbe essere quello delle musiche da film e del racconto per immagini.
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