Nella lingua napoletana c'è un mistero atavico che sa di storia italiana, di viscere, di vicoli di vita e poesia. Ci sono voci come quella di Pino Daniele che hanno fatto di questo linguaggio uno splendido veicolo per trasmettere emozioni e creare arte. In questa grande tradizione musicale, Pasquale Muto di Caivano (NA) dipinge una strada profonda e intensa, orchestrando con uno stile elegante chitarre, pianoforte, sassofoni, basso e contrabbasso ("Fuje"). Nell'album "Bisesto", che raccoglie 12 tracce autoprodotte perlopiù fra il 2013 e il 2017, hanno un loro perché anche i brani senza dialetto, in cui il cantautore campano mette in scena un caldo graffio nella voce, una vena misteriosa e qualche libertà metrica ("La vera storia", "Il sorriso", "L'evidenza").
Se "Appena evaso" si distingue sia per il ritmo rock e caraibico sia per il testo che potrebbe non sfigurare in uno dei romanzi di Massimo Carlotto, l'ispirazione teatrale di "Comme ajere" conferma il potenziale espressivo dell'autore in dialetto partenopeo, insieme a "'O ciardino". In "Cadenze" invece Pasquale Muto mostra un'altra faccia ancora della sua scrittura, componendo un viaggio dal sapore antico fra le stagioni dell'anno, nel solco di esempi come la storica "Canzone dei dodici mesi" di Francesco Guccini. Nel complesso il disco è il manifesto di un raffinato pop acustico, con sfumature jazz e blues, è l'espressione di una ricerca personale e ha una sua totale nobiltà. In futuro si potrebbe giusto provare a sperimentare vie sempre più contemporanee in cui portare a spasso queste sensazioni senza tempo.
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