I personaggi di questa storia sono i cori scolastici, la microbiologia molecolare e gli scienziati pazzi. Eduardo Losada Cabruja nasce a Caracas, in Venezuela: qui inizia a cantare nel coro della scuola e più avanti si laurea in biologia all’Universidad Simón Bolívar. La passione per la scienza lo porta poi a trasferirsi in Liguria nel 2006 per un dottorato di ricerca in Microbiologia Molecolare, entra nel coro dell’Università di Genova e due anni dopo al Festival della Scienza cittadino conosce altri scienziati musicisti: come in un'inevitabile equazione perfetta, nasce una cover band. Oggi il nostro protagonista è un insegnante e un cantautore-crossover 42enne, che presenta le nove tracce del suo primo album intriso di sinfonie e lingue (inglese, spagnolo, italiano...).
Dopo l'apertura del disco con l'omaggio a “Father Lucifer” di Tori Amos, il brano di Cabruja "Lisboa Tbilisi" crea l'atmosfera di un'epopea amorosa, di una preghiera, di una funzione sacra capace di attraversare confini e linguaggi. Lo stile jazz del trombettista Paolo Fresu ricama poi il destino di "Gloomy Sunday", passata alla storia come la canzone ungherese dei suicidi e interpretata anche da Billie Holiday, prima di continuare il viaggio tra i generi con la cover "B line". "La Corazonada", l'altro inedito ad opera dell'artista, dipinge uno storytelling con scene da musical dove il dramma, l'intensità e la tragicità sembrano dietro l'angolo del sipario. Cabruja avvolge nel lenzuolo lindo e omogeneo della propria sfera creativa canzoni popolari ed eterne come "Mi Querencia" (Simón Díaz), "Unravel" (Thomas Knak - Björk), "All Mine"(Portishead) e "Alfonsina y el mar" (Ariel Ramírez, Félix Luna).
L'intensità, la cura nella produzione, il rispetto artistico e l'attenta ricerca (quasi scientifica) sono le cifre che caratterizzano il lavoro dell'autore. A fare impressione sono anche gli arrangiamenti orchestrali che non lasciano fuori alcuno strumento: piano, tastiere, archi, percussioni, chitarre elettriche ed acustiche, basso e contrabbasso, ukulele, mandolino, computer. Si tratta di un modo di intendere la musica, di suonarla e di realizzarla sempre più rara nel panorama contemporaneo ed è bello che a portarla avanti siano veri professori - viene in mente anche il caso di Murubutu con il suo rap di qualità e profondità -. Non a caso si parla di scienziati pazzi tutti da amare.
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