Una tragicommedia ad alta digeribilità, dove il nostro non-eroe, sopravvissuto all'ecatombe dell'itpop, si racconta a spasso tra la solitudine e la psicosi dei luoghi del music business
Esiste una categoria di opere d’arte che sono definite “per gli addetti ai lavori”. Una pièce di teatro che parla del mondo del teatro stesso e via dicendo a seconda del campo espressivo di competenza. Sono prodotti endogeni, spesso ristretti per quanto riguarda la loro ricezione, comprensibili appunto solo da quelli che nel campo ci lavorano attivamente. Il primo album del maestro Elton Novara potrebbe essere annoverato come appartenente a questo calderone, ma riesce a rompere le barriere settoriali arrivando a comunicare con un linguaggio universale, e classico, i disagi che derivano dall’appartenere al vortice del music business.
Chi vive appieno l’ambiente riconoscerà le dinamiche e le sue storture assurde oppure mentirà cercando di tenere al sicuro la sua bolla psicotica; al contrario gli esterni potranno farsi un giro turistico all’acquario dell’industria musicale italiana. La visita, guidata dal sagace Novara, è ovviamente a tema, e ci mostra come si possa sopravvivere di musica nello stramaledetto 2021, e soprattutto ci mostra le sue conseguenze. Sull’individuo. Sull’artista. E sulla creatura ibrida nata dalla fusione di queste ultime.
Una certa nota di indolenza era già presente nella raccolta Lei ha perso il contatto con la realtà, ma in questo omonimo disco raggiunge la sua maturazione più evidente e accattivante. Assorbita con stomaco più cinico la lezione degli Elii il maestro Novara – e di maestro possiamo parlare, data la sua attività di insegnante di musica – è stato accolto nella famiglia Hukapan, ha ricevuto l’endorsement dell’eroe Cesareo, presente sulle sei corde distorte in Lois Lane, e ha provato una nuova rampa di lancio nell’interspazio saturo della discografia. Il suo è un romanzo di formazione continuo, che trova coerenza nel racconto perenne in prima persona, nello sviluppo di un personaggio che funziona alla grande perché viene riscritto e aggiornato in continuazione. Un non-eroe che passeggia tra le macerie che l'ecatombe dell'it-pop ha calato sulla professione del musicista in Italia.
Se anni fa gridava in cerca di qualcuno che se lo inculasse, oggi con aria più vissuta accende l’occhio di bue a intermittenza su alcune caratteristiche peculiari della sua straordinaria parabola di ordinarietà. La “pizza patatini”, meme-non meme, suo lauto pasto di ogni martedì sera da svariate lune a questa parte, la psicosi del sesso come bisogno fisiologico e non relazionale, l'inquietante rappresentazione del proprio suicidio artistico, un sacrificio sull'altare della visibilità commovente e di grande bellezza cantautorale. Elton mette tutto sul tavolo, e nella sua voce dal timbro sofferto si sente la fatica necessaria per togliersi di dosso tanti denti quanti dolori, seppur con una tendenza ironica sempreverde, e l'ossessione nella ricerca dell'iconicità.
Iconicità solo verbale, perché le scelte stilistiche sposano un pop-rock molto classico, lineare, compattato dal bel lavoro di Marco Ulcigrai del Triangolo. La semplicità in certi casi premia, soprattutto se riesce a schivare la banalità lanciandosi ad acchiappare le orecchie di più persone possibili. Elton Novara è una tragicommedia ad alta digeribilità su cui ci si interroga con il tempo, le cui verità, dette sotto forma di storie semiserie da un signore coi capelli alla John Lennon, tornano a visitarci una alla volta, con una certa sollecitudine. Ed è in quel momento che finalmente che si comprende appieno la qualità di queste nove canzoni, forti anche nei momenti deboli. Perché come direbbe un grande è sempre meglio un medio Novara che un ******** sopra la media.
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La recensione Elton Novara di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-15 18:12:05
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