Come se stessimo cercando il motto banale per una pubblicità del miglior prodotto dolce spalmabile in circolazione, dando un primo ascolto a Gommapiuma quello che viene in mente è soltanto: Giorgio Poi significa qualità. Dal suo debutto di quattro anni fa è diventato il punto di riferimento per il cantautorato da maestro, quello dove scrittura e arrangiamento si incontrano sempre in modo giusto e fanno volare ogni canzone.
Negli ultimi due anni e mezzo le comparsate sporadiche di Re Giorgio sono state altalenanti. Prima la splendida Erica cuore ad elica, poi l’intervento dimenticabile nel disco di Francesca Michielin, infine la supervisione alla colonna sonora di Summertime da cui è scaturita la cover quasi obbligatoria di Estate di Bruno Martino. In poche parole ha tenuto il meglio per sé, e come sempre senza dir nulla si è preparato al nuovo lancio.
Gommapiuma suona come un classico, come se Giorgio Poi fosse un autore dalla carriera ventennale e il suo ritorno fosse una garanzia da lungo tempo. Sembra un classico perché, con le dovute differenze e novità stilistiche, ha tutti gli elementi specifici che fanno parte del suo linguaggio. Perché ora siamo ancora più certi che il buon Giorgio si esprima attraverso l’interezza di un disco, e mai con singole canzoni. L’inizio come fosse in medias res, il singolone subito dopo, a metà l’intermezzo, e un finale apertissimo, che lascia nell’aria quasi l’idea dell’incompiutezza. Ma aldilà di questi elementi quasi cinematografici, la costante della musica di Giorgio Poi è la bellezza, e c’è poco da fare.
L’inizio di Gommapiuma è un fulmine. I nuovi arrangiamenti ripieni di archi dolci ci investono del tutto, e sulle prime la sensazione è ambigua. In Rococò è presente una grande dolcezza compositiva che sottende un senso di disagio che fa quasi paura. In modo quasi inedito la malinconia, lungi da essere un brodo in cui crogiolarsi comodamente, si scontra violentemente con l’appagamento che scaturisce da composizioni splendide, e il culmine avviene nel featuring con Elisa, in cui la quasi perfezione del pezzo va a cozzare con l’idea del gusto terrificante del cocktail che gli dà il titolo. Questo contrasto diventa il motore intero di un disco più complesso di quanto sembri.
Infatti quando il terzetto finale composto da Supermercato, Barzellette e Moai ci lascia inizialmente interdetti è tutta nostra la colpa, perché a furia di Missili e Vinavil ci siamo scordati che Giorgio Poi, in un modo o nell’altro, ha sempre provveduto a destabilizzarci. Con la sua voce strana prima, poi con le sue continue virate a volte verso il cantautorato anni ’80 e altre verso il pop stracciacuore. La seconda parte di Gommapiuma, un lato B forse più debole e spogliato dello sfarzo iniziale, è tuttavia il ritratto più limpido e puro del suo autore, fatta eccezione per la storia d’amore tra gli scaffali di un market, un topos che lascia il tempo che trova.
Re Giorgio sembra non aver voglia di smettere di arricchire la nostra musica, e per questo continua a crescere, ad inglobare influenze, sfumando da arie degne di Alan Sorrenti ad approcci quasi sanremesi, ma tenendo sempre da sfoggiare in un angolo i suoi tipici toni languidi, bisognosi di qualcosa. Il suo terzo volo lo ha portato ad altezze notevoli, ed è bello saperlo lassù, e siamo pronti ad andarlo a trovare in quel cielo blu che campeggia sulla copertina.
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