Magari non sarà la frase più politicamente corretta del mondo ma quando mi sono messo ad ascoltare Time. nona canzone di I Live In My Own World di Aurora Rays mi è saltata in testa una definizione complessiva su questo disco d'esordio: "Suonare vecchio è suonare bene". Già perché a proposito del lavoro dell'artista di Pordenone non mi viene nulla di più stringente di tale definizione che, seppur molto ruvida, me ne rendo conto, penso che racconti bene il soul qui espresso. D'altro canto, spulciando la biografia di Aurora Rays si scopre che la passione per le cose "vecchie" non è affare dell'altro ieri:" Aurora Rays è cresciuta ascoltando i dischi ed i vinili del nonno, dei genitori e dei fratelli passando da Aretha Franklin a Bach. Non si è mai sentita appartenere ad un unico genere musicale ma ha imparato molto da ogni stile, tant’è che se ne è creato uno suo: “Per me la musica è una, esistono sfumature e stili musicali, ma la musica di fatto è una sola”.
E allora se per lei la musica è, anche e soprattutto, una questione di affetti lasciamoci attraversare dalle belle sensazioni che ci arrivano dalla sua voce (come nel caso di Play My Game). Magari si poteva fare qualcosa di più dal punto di vista degli arrangiamenti, alle volte talmente classici da rischiare di parere scontati ma, in fondo, va benissimo così. Il disco è suonato bene, cantato meglio e le canzoni sono (quasi) tutte molto belle. Da un esordio, francamente, non ci si poteva aspettare di più.
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