Fra i tropici e la Romagna, I Trillici confezionano un long play che mette d'accordo Toquinho e Daniel Johnston, facendoci nel frattempo muovere le chiappe in barba al perdurare logorio pandemico.
Il battito animale delle dite medie dei piedi torna a farsi sentire. Ho avuto il piacere di conoscere I Trillici quasi due anni fa, romagnoli promotori di un indie-pop fatto con sincera abnegazione e concetti creativi chiari; nel tempo che sono andato a rileggermi pensieri e opinioni riguardo “Cosi underground che mi vorrei seppellire”, ho sguinzagliato il tasto play sulla loro più recente release, intitolata “Paura Huevos y Leche”, per Balotta Records/Garrincha (white label).
Sono dieci le tracce che Andrea, Alex e Enea hanno plasmato insieme per formare la proposta d'ascolto complessiva: il sottile gusto per la sgrammaticatura nel testo di presentazione incontra sonorità del Golfo, di quelle che ti restano impiastricciate addosso come la salsedine o come i tormentoni estivi. È un incontro, tanto raro quanto felice, tra attitudine punk, lo-fi e sonorità latine, un po' come mettere nella stessa stanza Toquinho e Daniel Johnston, con il primo ritrovatosi folgorato dal secondo; di contorno, sonorità digitali che disegnano un paesaggio tanto frammentato quanto suggestivo: I Trillici raccontano le proprie storie con una poetica intrisa di personale carisma, riuscendo a sussurare tra le increspature del no-sense concetti che magari non sono immediatamente afferrabili, ma qualcosa di concreto vorranno pur dire. C'è solo bisogno di tempo.
Nel mentre, possiamo dimenare i bacini incartapecoriti dalle convergenze pandemiche con musica dal respiro spagnoleggiante la cui propulsione è l'urgenza espressiva. Per congedarci con una reference dall'indiscutibile cifra artistica: parlava poco italiano diceva “me gusta Paura Huevos y Leche”.
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La recensione Paura Huevos y Leche di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-12-31 05:46:40
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