TIGRI (nome d'arte di Giacomo Baroni), all'esordio discografico, presenta un lavoro che convince, ma con riserva. Il primo aspetto che salta all'orecchio di Serenata Indiana è sicuramente il suono, non particolarmente nuovo, ma sicuramente ben curato, sia nell'arrangiamento, sia nella produzione, vero punto forte del disco.
A prescindere infatti da qualsiasi possibile critica, Serenata Indiana suona bene, grazie a un'alchimia di analogico e digitale, di chitarre e synth, di caldo e freddo. Prendiamo ad esempio Estate, il brano più interessante del disco. Qui l'immagine di tepore che evoca il titolo viene ribaltata da un testo e una sonorità tutt'altro che caldi. Synth e chitarra coesistono in equilibrio durante tutto il brano, dando bene l'idea del tipo di sonorità che caratterizza tutto l'album. Anche il piccolo assolo su cui si innesta il cantato finale è frutto dell'alchimia dei due strumenti, che si completano a vicenda le frasi, al punto che a volte sono quasi indistinguibili tra loro.
Serenata Indiana è però, come detto, un lavoro che convince a metà: nonostante, infatti, dall'album traspaia una gande cura per il progetto, l'esordio discografico di TIGRI non arriva del tutto. Uno dei motivi principali è il livello altalenante nella scrittura e dunque, dei brani stessi.
I testi, infatti toccano punti davvero alti, come in Damasco, in cui nel ritornello, TIGRI canta "La tragedia ti fa bella, l'amore rende solo stanchi" frase che oltre a colpire, riesce a condensare il senso dell'opera in poche parole. Ma allo stesso tempo, in brani come Salvare Simona, il lavoro di scrittura, per quanto non da cestinare in toto, non convince appieno.
L'album è comunque denso di spunti interessanti, sia a livello sonoro, sia per quanto riguarda i testi. Ma si tratta pur sempre di spunti, appunto. Manca dunque una costanza che permetta di apprezzare appieno il disco, caratterizzato invece da parecchi alti e bassi, anche parecchio repentini, addirittura tra una traccia e l'altra, come nel caso di Estate, seguita da Geisha di cui non resta particolare memoria dopo l'ascolto.
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