Non ci piace semplificare il racconto di un intero progetto con un rimando ad un’artista ispiratore, una reductio che sicuramente non rende conto non solo delle varie sfumature di un prodotto musicale, ma anche del lavoro che c’è sempre dietro. Per ‘Dinisi’ dei MaDelBo, tuttavia, ci tocca cominciare sottolineando che all’attacco della voce è difficile non pensare a Luciano Ligabue, al suo timbro caratteristico, all’impostazione melodica, un po’ anche alla pronuncia, e sarebbe curioso considerando che parliamo di un gruppo siculo, ma forse ci stiamo suggestionando. Il richiamo al rocker di Correggio in realtà aiuta anche a situare le 9 tracce di ‘Dinisi’ nella cornice del più classico rock italiano dell’ultimo trentennio, a metà tra un Liga più heavy di quello degli ultimi album, ma con un suono più moderno di quello dei primi, è qualcosa tra Litfiba, Timoria ma anche il classic rock anglosassone. Tanta melodia, suoni sporchi ma facilmente digeribili, un album di rock melodico italiano esattamente come ce lo si può aspettare. Niente di male in sé, ma pensando all’ultima fatica della precedente incarnazione dei MaDelBo, ‘Cosmo Erogeno’ dei Sikana, non si può fare a meno di percepire una certa “normalizzazione” di suono e scrittura, una traversata verso i territori di un pop rock innocuo, con una certa vocazione radiofonica ma senza gli strumenti tecnici e produttivi per tirare fuori un disco formalmente impeccabile come quello che ‘Dinisi’ sembra voler essere. Va meglio quando si pesta un po’ di più sul pedale, con riff più spigliati e ritornelli carichi (Marchio di fabbrica, Il viaggio), mentre proprio ballad e semiballad mostrano un po’ la corda, con qualche incertezza melodica o arrangiamento spento (Ho bisogno di te, Io voglio vivere), ma anche qualche piacevole eccezione (Senza respiro). Allora forse per i Madelbo non resta che ripartire da qui, provando a rifinire e tirare a lucido questa formula pop-rock che, in fondo, tira dritto su una delle rotte musicali più fiorenti del nostro panorama nazionale.
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