L'ultimo lavoro di Stefano Nerini è un EP registrato in casa, autoprodotto, con canzoni scritte e cantate dallo stesso Nerini, nel pieno trend di dischi casalinghi esploso durante il biennio pandemico. Nerini, però, ha già ampiamente fatto uso in passato di questo suono storto e artigianale, rendendolo quasi la sua cifra stilistica.
Se però nei tanti dischi precedenti, l'elettronica da tastiera cheap e la batteria da drum machine giocattolosa sembravano voler tracciare una riconoscibilità, qui la struttura compositiva manchevole o primordiale impedisce a queste idee di avere una propria dignità musicale e, volendo, discografica. Verso dopo verso supera il concetto di "demo version" regalata ai fan, perchè l'intera discografia di Nerini sembra non aver goduto mai di una vera produzione, di una vera attenzione al prodotto.
E in questo lavoro si prova anche ad apprezzare le buone intenzioni di citare Battiato – Autocritica cronica – così come una idea pianistica buona sull'inizio di Il Cortile, ma purtroppo ogni bendisposizione annega nell'eco in presa diretta sulla voce o nella completa approssimazione del progetto, dalle sillabe che superano ogni metrica possibile – non in maniera creativa, ma soltanto confusionaria – agli strumenti sempre un filo fuori tempo, fino alla mancata pubblicazione dei brani sulle vere piattaforme, ma soltanto su Youtube e, a quanto pare, qui.
L'espressione istintiva è sempre un bene, e non è detto che non ci sia del buono, ma va anche fatto qualcosa per prendere quelle idee musicale di base e trasformarle in canzone vera e concreta, altrimenti rende difficile anche soltanto avvicinarsi a un progetto musicale, per quanto sincero, troppo approssimativo.
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