Il sonno della provincia agricola con un titolo così "dritto" e programmatico non poteva che essere solido, anzi solidissimo. Il progetto di Bengala, infatti, anche grazie a pezzi quali Pagus, che nonostante la brevità della durata lasciano un ottimo ricordo nell'ascoltatore, si segnala per l'ottimo livello di arrangiamento raggiunto da Miky Bengala, un bassista ormai con alle spalle una lunga e comprovata carriera nel mondo della musica.
Per questa sua avventura solista Bengala opta per cammino nel buio della provincia, proponendoci un folk intriso di dark e che rimanda a illustri predecessori. Nonostante qui non si stia parlando di una produzione con dietro chissà quali risorse, le canzoni sono oneste e sincere, suonate bene e con una fortissima personalità, come conferma Le anime della brughiera.
Anche se gli arrangiamenti sono semplici e nulla per cui gridare al miracolo, li ho davvero apprezzati perché sono funzionali al disco, fornendo quella patina di già citata oscurità che per un lavoro come questo è necessaria. Meno bene, sempre per il mio gusto personale ovviamente, è invece la parte testuale che, a troppe riprese, ho percepito come un po' troppo colma di cliché e di retorica. Intendiamoci: funziona ed è coerente con il mood generale, solo avrei gradito qualche cambio di marcia che, ahinoi, qui non c'è stato. Per quello c'è la solidissima musica di questo album in fondo.
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