Dopo una gavetta iniziata nel 2014 e fatta di esibizioni in giro per la Lombardia unite alla registrazione dei primi demo ed ep, è arrivato anche per gli Abitude il momento dell’esordio discografico con Luci Spente, il loro primo disco: un album che si presenta come “la rappresentazione di un viaggio dentro un mondo onirico che procede per sogni e intuizioni, sensazioni ed emozioni, dove manca ogni punto di riferimento e tutto si dissolve in una sorta di liquidità”.
C’è da dire che, al netto delle intenzioni, la musica degli Abitude è piuttosto solida e ben definita, con pochi spiragli lasciati all’indefinitezza del sogno: sulla base di un alt-rock semplice ma efficace si dispiegano influenze e contaminazioni che donano ritmo al disco. La traccia d’apertura Liquido, con la sua rumorosa urgenza, è forse il miglior manifesto delle sonorità rock del disco, con la successiva Rettili a ribadire felicemente il concetto. Le deviazioni nel pop (il ritornello pronto al singalong di Cosa resta) e nell’elettronica (il synth rock di Nel bosco – il lupo), culminanti nella ballad Tutto questo niente – brano crocevia di tutti questi riferimenti –, testimoniano l’interesse degli Abitude nel dare vita ad un progetto completo, capace di guardare aldilà dei propri orizzonti.
Luci Spente è un esordio che nasce con un tempismo particolare, durante una pandemia che, se per molti artisti ha significato un periodo di stop forzato, per gli Abitude sembra aver costituito la spinta necessaria a concretizzare il loro progetto musicale. La maturità acquisita in questi anni consente oggi di uscire con sicurezza con un disco solido, testimonianza della maturità acquisita dal quartetto lodigiano.
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