Duo bresciano composto da Chiara Amalia Bernardini e Nicola Mora, i KICK escono con il loro secondo disco, Light Figures, che arriva dopo l’esordio Mothers e l’ep Post-Truth a intervallare le uscite. La definizione che i due danno del proprio sound è “sweet noise”, e io non potrei essere più d’accordo: è un termine che racchiude in modo estremamente calzante sia le pulsioni rumoristiche che le distensioni sonore tra le quali oscillano i brani del disco.
Da un lato abbiamo infatti brani come l’apertura Rubberlover, garage rock a tema BDSM, e la successiva post-punkeggiante Sirens Never Sleep, dove l’incalzare della sezione ritmica fa da contrappunto ad una chitarra infida quanto un serpente tra le caviglie; difficile ignorare, poi, Setting Tina - brano che vanta al basso la partecipazione dell’ex-Kyuss Scott Reeder – simile al planare in sogno sul deserto californiano arso dal sole. Ultima menzione per il ritorno al garage di 24-Hour Delivery Club, dove il paragone con i britannici The Kills viene spontaneo su più livelli.
Dall’altro possiamo trovare episodi come Eleven, eterea ballad pregna di malinconia, dove la voce di Bernardini arriva a porsi nel solco di quella di un mostro sacro come Elizabeth Fraser, e Viole, unico brano in italiano del disco, la cui forte suggestività lirico-musicale, molto vicina alle atmosfere retro-pop già sperimentate dagli WOW, lo rende una delle canzoni più interessanti dell’album. A conclusione dell’album Atlantide, dream pop increspato sul finale, perfetta metafora delle molteplici anime racchiuse in questo lavoro.
I KICK ci consegnano un secondo disco che testimonia con forza il loro stato di grazia e le plurime potenzialità che giacciono nel suono di questo gruppo. Non ci piace giocare la carta degli esterofili a tutti i costi, ma è indubbio che in altri Paesi un’uscita come questa avrebbe ricevuto – e speriamo: riceverà – attenzioni ben diverse rispetto a quelle che le saranno riservate qui in Italia. La speranza è che questa proposta artistica continui a maturare e svilupparsi senza farsi soffocare da un panorama musicale asfittico come quello italiano.
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