Con il nuovo Ep 'The sicilian', Angelo Romano porta avanti la sua ricerca popolare intrisa di tradizione ma anche rivolta a sguardi esterofili attualizzanti non di poco conto
Nell'odierna realtà quotidiana non è così difficile notare un progressivo ritorno alla terra che, per svariate ragioni, coinvolge una buona parte di nuove generazioni non intenzionate a sottostare, per certi versi, a gran parte dei dettami della modernità. Tradotto in versante musicale, diverse personalità artistiche, negli ultimi anni, si stanno dedicando a un recupero di tradizioni sonore passate che possa renderli artefici di una riscoperta delle proprie origini identitarie, una parvenza di percorso ereditario che consenta di esplorare il proprio albero genealogico secondo diverse modalità di approccio. C'è chi si dedica, dunque, a uno studio filologico della materia in questione e, su sponde parallele, c'è chi sceglie di sposare una specifica materia derivativa da innestare su criteri contemporanei, per quanto mai troppo spinti oltre quei limiti che renderebbero il tutto troppo prossimo a una miscellanea fine a se stessa.
La scelta adottata dal siciliano Angelo Romano per The Sicilian – nuova esperienza discografica, stavolta, sulla breve distanza – converge più verso la seconda ipotesi menzionata, ma riesce a mantenere comunque ben vivo tutto l'ardore apertamente riscontrabile da un discorso contenutistico tradizionalista portato avanti con buona coscienza della materia e una sana e pur giusta dose di personalizzazione complessiva.
Tutto ciò che emerge dai quattro tasselli che compongono questo breve ma amorevole viaggio attraverso la rete spaziotemporale delle proprie origini, permette a Romano – con voce salmastra, ruvida e antropologicamente efficace, un po' alla Rino Gaetano dialettale – di esplorare la propria lingua originaria mettendola al servizio di sonorità che, come ovvio, si basano su impostazioni acustiche mediterranee ma cercano di estendersi, con sincera timidezza e umanissimo ardore, tanto verso influssi sonori anche vagamente prog e wave quanto verso sguardi oltre confine – si veda l'utilizzo dell'ukulele, ad esempio. E proprio questo orizzonte lievemente esterofilo – come da biografia dell'autore stesso – fa da importante sposalizio alla sostanza complessiva che non perde occasione, come è giusto che sia, di focalizzare l'attenzione su un'essenza popolare nostrana ampiamente intrisa di fondamentali derivazioni altre rispetto a quelle apparentemente note come caratteristica basilare di un'appartenenza.
Senza dubbio un buon lavoro di ricerca e riattualizzazione contenutistica che merita seguito e rispettosa curiosità anche analitica.
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La recensione The Sicilian EP di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-02-25 00:00:00
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