Annidandosi sotto nebulose lo-fi, il nuovo Ep di Camomilla si propone come antidoto umanistico a una quotidianità in cerca di redenzione
Camomilla: un nome un programma, si direbbe, ma la questione non è affatto semplicistica come potrebbe sembrare a un primissimo e fugace impatto con la materia in questione. E la ragion d'essere sta proprio in un perfetto connubio tra attribuzione autonoma di identità ed espressione di idee e stili compositivi perfettamente direzionati verso una visione del mondo che non appartiene solo alle scelte sonore ma ad una sorta di consapevole e lucidissima aderenza a ritmi esistenziali estranei all'odierna comune opinione.
Camomilla è Giorgia Sarlo, giovane cantante e producer milanese con ben chiaro in testa il significato di 'cameretta' in termini di non-luogo dell'anima tra le cui mura, oltre a lasciar scorrere il tempo per carne, ossa e mente, intere generazioni, nel corso del tempo, hanno attaccato gli strumenti all'ingresso microfono di piastre a cassette.
E così come per le iniziali esperienze di un anno fa, proprio l'impostazione lo-fi da nastro autoprodotto è regina assoluta del suono anche nel nuovo ep A cup of camomilla, costruito attorno a quattro tasselli per altrettante collaborazioni rilevanti in termini di resa complessiva, ma comunque al servizio di una scrittura delicatissima e tutt'altro che marginale rispetto a quanto principalmente tangibile.
L'impostazione contenutistica sostanziale di un lavoro come A cup of camomilla è sorretta e spinta verso gli orizzonti prefissati da una fondamentale consistenza di calore reale e puro. Questo vale tanto per il suono in sé quanto per l'approccio vocale che Sarlo adotta in favore anche di spunti elettronici tamponati dall'impianto stilistico ma stesi su tappeti melodici tenerissimi, ben direzionati verso una forma canzone graziosa ma corposa e stratificata nel suo essere emanazione diretta delle prospettive di fondo.
Una prevalenza di chitarre lievemente elettriche soffuse in arpeggi eterei può far pensare a certe diramazioni in direzione mista tra Mogwai e Mr. Milk, vista la delicatezza di melodie e atmosfere, ma ci sono anche da considerare vellutate incursioni pianistiche e morbidi beat elettronici sempre al servizio del gusto melodico dominante. Il tutto condensato in soli otto minuti di durata, quasi come se davvero ognuno di questi quattro tasselli potesse rendersi utile in loop per sorseggiare realmente una tazza di camomilla in favore di consolazioni beneauguranti (Tell me now), consapevolezze anti abbandono (Cigarette), focalizzazioni presenti in ottica futura (Surrender) e rinnovata fiducia interpersonale (Too lazy).
Lavoro di gran pregio e stile, ottimo per momenti di ricercata quiete dopo longevo e duraturo spossamento interiore.
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La recensione A Cup of Camomilla di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-03-09 16:16:36
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