Dargen D'Amico
Nei Sogni Nessuno È Monogamo 2022 - Rap, Pop

Nei Sogni Nessuno È Monogamo

Un disco eterogeneo che si aggira nel pop domestico, ma col quale il D’Io della musica italiana conferma di voler rimanere una variabile indipendente

Vedere Jacopo D’Amico sul palco dell’Ariston, con i suoi occhiali da sole, con la sua essenza di variabile indipendente, a volte impazzita, altre nei ranghi di una certa normalità, ha fatto un certo effetto. Un po’ perché ha portato la politica su quel palco, quest’anno particolarmente popolato di creature innocuissime, con una cassa dritta e la rivendicazione di un modo di vivere. Un po’ perché è senza dubbio una specie di re, la cui corona è più piccola di quello che dovrebbe.

E proprio perché conosciamo moto bene la sua storia abbiamo passato questo mese a provare a capire in che modo Dove si balla si sarebbe inserita con naturalezza in un disco unitario. Niente di tutto ciò. Dove si balla entra a gamba tesa, in modo brusco, nel corso di un album che unitario non è. Ma non è un problema, perché questa nuova serie di raptus, sempre intrisi di amore sottone e ironia acida, si auto regge senza bisogno di una struttura solida nel sound o nel concept.

Rimane saldo solo un elemento che continua a fuoriuscire con prepotenza: la voglia di Dargen di essere un pozzo aperto, la cui stratificazione come essere umano non ha mai ricercato sofisticazioni o concettualizzazioni. Intriso di quella rozzezza che potrebbe tranquillamente urtare chi ascolta Nei sogni nessuno è monogamo è un disco che usa una sonda molto spesso vellutata, forgiata dalle mani sagge di D. Whale, DΛNΛ, Edwyn Roberts, JVLI e Marco Zangirolami, per penetrare nei meandri di un autore che riesce ancora ad essere iconico, fautore di giochi di parole – non i più belli ma quelli dai colori più caldi e in qualche modo memorabili – e di atmosfere che possono gettare in un secondo nello sconforto. Limpido nel parlare d’amore e di sé stesso.

La via di Dargen è ancora quella del pop più domestico, tastiere a profusione, talvolta ritmiche anni ottanta che suonano come ricordi di un Vietnam chiamato itpop, ma che maneggiate dal suo fare sornione fanno sì che non si riesca a resistervi. Poi arrivano le bombe carta che non ci si aspetta, ma che sono coerenti col copione che si sta leggendo. Prima la già edita Katì, raeggetonata sfacciata che però ha il gusto dei primi Ex-Otago, e poi Sangue amaro, che ha già bucato i canali radio ancora prima di essere pubblicata, per le sue assonanze con MAKUMBA, e per la sua abilità nello smarcarsi alla grande dal tormentone estivo, parlando di un amore andato non proprio alla grande.

Gli unici momenti bruschi arrivano sul finale. Prima la cover di Patty Pravo, poi La benzina sapeva di tappo, dove fa capolino una violenza che si affronta con un occhio aperto e uno chiuso, mentre la chitarra acustica infila una piccola serie di accordi rima di essere spazzata via dalle maniere poco cortesi di Marco Zangirolami. Il finale, title track che sa di outro, riconcilia con il Dargen del flusso di coscienza, ancora più disordinato, che dedica all’aria un: “La vita è cinema straniero senza sottotitoli”. Si tratta un po’ dell’essenza di un disco che contiene quel succo letterario e pop inconfondibile, sempre discutibile, firmato Jacopo D’Amico.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.