La darkwave crepuscolare del progetto abruzzese non brilla per varietà, ma è efficace nella costruzione di mood e atmosfere
Arpeggi di synth saturi e squillanti, batterie marziali, una voce cavernosa che dipinge in parole e melodia scenari distopici, gelidi abissi sci-fi: ‘Black Eyes’ ha tutte le carte in regole per essere buon album un darkwave, orientato verso l’elettronica e con una scelta di suoni relativamente contemporanea che riduce l’aspetto “vintage“, in favore di una formula sicuramente derivativa ma non troppo pedissequa. La difficoltà del secondo album a nome The Last Hour sta più che altro nella longevità del lotto di canzoni, in cui si fatica a trovare una dinamica e una varietà significativa. Vero è che siamo nel quadro di un genere con delle coordinate sonore ed emotive ben precise, da cui è difficile allontanarsi troppo senza annacquare le premesse, ma qui a momenti pare di ritrovarsi immersi nell’ascolto di una suite dove temi portanti si reiterano con poche variazioni ritmiche e melodiche alla voce.
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, e qui sta alla sensibilità dell’ascoltatore, ‘Black Eyes’ è un prodotto compatto (anche nella durata), estremamente coerente ed efficace nel trasportarci in uno scenario gelido e crepuscolare dall'estetica e dall'atmosfera ben rifinite, che certamente non è immune da un certo piattume, ma viene anche attraversato da impulsi di energia (Through The Looking Glass, Parallel Universes) e melodie accattivanti.
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La recensione Black Eyes di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-03-15 22:44:01
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