The Sparkle è il secondo lavoro discografico di Gabrielle De Rosa, cantautrice pugliese indipendente che da sempre cura in prima persona ogni aspetto della propria musica.
Si tratta di una raccolta di sette canzoni che spaziano dal pop, passando attraverso il folk e il country. Minimalista e acustico, tutto l'album si poggia sul suono della chitarra, di poche percussioni e di tante voci, controcanti e vocalizzi effettati. Tanto reverbero a bagnare le sonorità che vengono fuori e metronomo che non supera mai i 75 bpm.
Arrangiativamente c'è poco da aggiungere, perché l'assetto è il classico chitarra e voce dove la chitarra si sposta tra arpeggi e strumming ma non offre altre tecniche al servizio del canto. Ci sono canzoni in cui la linea melodica è arricchita da vocalizzi eterei, come in Out of Stereotypes, regalando tridimensionalità alla canzone e c'è anche spazio per un "a cappella" in The Snowland. Anche in questo secondo caso si crea movimento tra le parti e, anche se le voci secondarie risultano troppo avanti di volume, il risultato è piacevole.
La voce è tecnica e molto espressiva, capace di trainare le canzoni, tutte lente e di ricamare suggestioni e immagini senza mai abusare di fronzoli e orpelli. Ottima la pronuncia inglese, lingua utilizzata per tutte le canzoni tranne che nell'intro di The Snowland e nell'ultima traccia Alieno Amore.
Importante l'analisi dei testi, dalla quale viene fuori il tentativo di "normalizzare", di avvicinare la diversità e renderla meno lontana, meno spaventosa. Ognuno di noi ha delle particolarità, cosa che non fa automaticamente di noi dei diversi o degli errori della natura, ma ci rende semplicemente particolari, permettendoci comunque di poter avere la nostra "casella" nel puzzle dell'esistenza. Si parla di amori finiti male, di amicizie e di luci insperate in fondo a dei tunnel di tristezza e rassegnazione. Il messaggio dunque passa dall'inferno del dolore per, in qualche modo, tornare prima o poi a veder le stelle.
In conclusione The Sparkle è un lavoro maturo che forse pecca di eccessivo minimalismo, perché all'ascolto si sente la mancanza di una forza pulsante e alla lunga la tracklist, senza un'escursione metronomica apprezzabile o un cambio di sonorità risulta stancante, strascicata. Può essere sicuramente un'arma vincente in live, ma discograficamente l'ascolto risulta pesante e la soglia d'attenzione cala in fretta senza che ci sia un "colpo di scena" a farla risalire. Al netto di queste piccole osservazioni però il disco è di ottima fattura, il lavoro di produzione restituisce la naturalezza del suono e il carisma della voce, favorendone la comprensione dei testi.
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