Generic AnimalBenevolent2022 - Cantautoriale, Rock, Alternativo

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Generic Animal racconta le sue fragilità in un disco dai richiami alt rock anni '90 e servendosi di un mostro gentile, ostracizzato da un mondo che non lo vuole

È un mostro strano questo Benevolent, che ci viene sbattuto in primissimo piano sulla copertina – e non in prima pagina – del nuovo album di Luca Galizia, meglio noto come Generic Animal. Tra lo sguardo sbilenco, lo stretto becco arancio, il volto verde incorniciato dalla pelle argentata e i crespi riccioli biondi di cartapesta che gli scivolano sulla fronte, di mostruoso ha ben poco. È più qualcosa di amabilmente grottesco, un alieno gentile impaurito che vive distante dall'umanità, perché ha visto l'orrore di cui è capace.

Eppure, questo mostro non teme di mostrare le sue debolezze a chi gli si avvicina con dolcezza. È un gioco di empatia tra chi parla e chi sa ascoltare, tra chi si apre nel profondo e chi con garbo presta attenzione, ma in questo caso Generic Animal per mettersi a nudo fa l'esatto opposto: si traveste, copre il suo volto con i panni di una creatura inesistente a cui dà la sua voce più intima e sincera. E lo fa con un disco di 10 tracce che spesso sono più dei frammenti, che si scrollano di dosso la leggera patina più contemporanea e urban che il precedente Presto aveva addosso per tornare a una dimensione essenziale – come i titoli stessi delle canzoni –, a tratti minimalista, più vicina agli anni '90 di Smashing Pumpkins, Weezer, Blur e Beck, in cui è fondamentale l'intesa con l'immancabile Fight Pausa come produttore.

Ad aprire Benevolent c'è la fragilità di Piccolo, la cui sezione ritmica ridotta all'osso lascia libero spazio agli incroci tra la voce e gli arpeggi avvolgenti di chitarra à la Tom Verlaine, dove il peso di diventare grandi diventa qualcosa di insostenibile per non farsi schiacciare a terra. Diretta conseguenza è la paranoia di Incubo, anche se c'è ancora un alone pop che ne smussa gli angoli, mentre la vera angoscia è la litania di Clermont, complice la linea melodica doppiata dalla voce di Jacopo Lietti, tra i brani più neri di tutto il disco.

Così si muove Benevolent, dentro i turbamenti di un ragazzo che nel momento in cui sembrava stesse per bucare la bolla si è trovato fermato da qualcosa di più grande di lui. Fare i conti con sé stessi come mai prima d'ora, tanto che Benevolent è un Generic Animal che si rimette totalmente in discussione e che trova un rifugio sicuro nei suoi ascolti adolescenziali, per poi trarne fuori un disco dalla fortissima carica emotiva. Sono pochissimi filtri a trattenerne l'urgenza espressiva, ben sorretta da una cura massima nel suono e negli arrangiamenti.

Nella seconda metà del disco, a fronte di questo scavare nel proprio inconscio per affrontare un'insicurezza esasperata da un contesto di insopportabile precarietà, è la chiusura di Recinto a diventare un'ancora di salvezza. La delicatezza della voce di Clauscalmo, ospite nel brano, diventa la mano tesa di una persona amica per calmare le ansie – niente di più prezioso quando il mondo decide di voltarti le spalle –, specchio di tutto quello che è lo spirito puro di Benevolent. "Ne usciremo migliori", dicevamo illusi in piena pandemia. Be', c'è chi lo ha fatto davvero.

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La recensione Benevolent di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-03-18 00:00:00

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