Col suo esordio discografico, Dontmesswithjuan avvia uno splendido percorso di riflessione filosofica sulla disparità ideologica relativa a una specifica idea di coesistenza terrena
Non è dato sapere con chiarezza chi stia operando dietro la ragione sociale Dontmesswithjuan – informazioni frammentarie riportano soltanto a una certa Stéphanie da Montreal – ma, a differenza di moltissimi altri casi in cui la trovata in questione ricalca solo altisonanti ma innocui obiettivi di sterile e fastidiosissimo mercato, qui le motivazioni sostanziali evidenziano l'importanza fondamentale di una simile scelta espositiva in quanto strettamente legata al senso argomentativo dell'intero progetto: prestare attenzione prevalentemente a quanto di utile ha da dire l'opera in cui immedesimarsi con anima e corpo.
Dontmesswithjuan, infatti, è un progetto ipertestuale – se inteso come convivenza inscindibile tra opera, contenuto e direzione esistenziale del rispettivo artefice – di grandissima sostanza perché incentrato sull'espressione di un personalissimo – ma estremamente condivisibile – punto di vista sulla realtà più implicita delle cose. In tanti hanno provato a spiegarlo ma in pochi sono riusciti a restituire adeguatamente la consistenza di un pensiero controcorrente ma necessario a un vivere individuale – e quindi, che lo si voglia o no, anche collettivo – che scelga deliberatamente di non rispondere alla 'felicità ad ogni costo', dove ad ogni passo in avanti – sia interpersonale che professionale – corrisponde l'ingurgitare una pillola di qualcosa perché c'è sempre tanto da fare, da dire, da dimostrare.
Attenzione, però, perché il mondo creato da Dontmesswithjuan, e donato alla luce grazie al magnifico concept d'esordio Juan & The Pursuit of Happiness, non rigetta spudoratamente la realtà in cui è antropologicamente inserito ma tenta continuamente di imporre la sua visione per una condivisione di orizzonti esistenziali che siano complementari e non inferiori al verso in cui il pianeta viene fatto girare. Come David Lynch insegna – partendo da Fellini ma sovvertendone completamente le tinte espressive – la realtà non è fatta del solo dato oggettivo tangibile per l'individuo ma anche e soprattutto di quel reale interiore che con essa convive e interagisce continuamente. Proprio il concetto di ricerca di felicità esplicitato dal titolo, allora, si pone come emblema supremo del rapporto tra obiettivi futuri ed eterno presente mentale, rapidità di realizzazione materiale e stati riflessiva di realizzazione spirituale in un'epoca di gravissima perdita cognitiva dove – è bene ricordarlo – l'abisso è suppellettile essenziale da non tenere mai in disparte per meglio approfondire l'effettiva condizione umana.
Per rendere musicalmente al meglio un simile bacino di riflessioni filosofiche, Dontmesswithjuan sceglie di affidare la sua soave, delicata ma anche sofisticata voce a una stratificazione elettronica che prende ambient e sperimentazioni glitch per farne prezioso papiro su cui impostare ricerche tanto personalizzate quanto ascrivibili ai generi di riferimento. Si passa, così, dal dark-synth pop sperimentale di Daily grind alle sofisticate disparità ritmiche e contenutistiche ben accentuate in Sweet nights, da una maggiore – per quanto sempre oscura e sinistra – accessibilità radiofonica insita in Over the edge alle aperture ambient tendenti al trip hop tardivo in stile Massive Attack di Falling slowly, dalle incursioni psico-soft-industrial alla Nine Inch Nails più recenti di Notre mirage all'elettro-ambient-prog-dub di Mutant Fur fino alle conclusive sperimentazioni radioheadiane – con tendenze verso lo Yorke solista – di Young lady.
Essenziale, necessario, ossigeno puro per sguardi paralleli sulla medesima coesistenza terrena.
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La recensione Juan & The Pursuit of Happiness di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-04-10 12:22:50
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