La prima uscita solista in casa Thru Collected non delude l’hype e rilancia la posta
I Thrucollected lo hanno fatto di nuovo: pochi mesi dopo aver piazzato ‘Discomoneta’ in tutti i listoni dei migliori album del 2021 il collettivo napoletano ha rilasciato Nella mia testa//Logiche//Le mie gambe, le mie tasche, un corto che ci ha trasportato con gli occhi sbarrati tra i quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta, crime story e sequenze animate, attraverso tre anteprime di brani che anticipano gli EP di Sano e Altea.
Una settimana dopo ci troviamo nelle orecchie ‘L'industria, il pop, la camera, il sesso’, il disco di Sano, al secolo Riccardo Capone, 21 anni, una delle voci e delle penne più riconoscibili nel progetto Thru Collected. Sei canzoni in cui ritroviamo quella sicurezza che ci aveva stupito in pezzi come Artemoneta e Cantautoraverz nel parlare di soldi, di industria, di falsi miti di progresso senza farsi mangiare dall’immaginario consumista (Soldi sidechain, Per difetto della crescita ), tenendo sempre al centro gli amici, le idee, il tabacco, insomma le cose importanti e più concrete. Riccardo è in grado di farci entrare con facilità in un immaginario complesso fatto di metafore musicali, topoi che ormai abbiamo imparato a riconoscere, neologismi e immagini che sono instant classic: la macchina e la distorsione come spazio immateriale del processo creativo, le tasche, le gambe e il quaderno come compagni di esperienze, il suono, il soldi e le idee come centri di gravità, quella Napoli dove “il sole illumina solo i palazzi più alti” (Per difetto della crescita) come sfondo onnipresente e attivo che non ruba mai la scena alla voce narrante. Riccardo è figlio d’arte, se ne fa menzione qua e là tra l’EP e ‘Discomoneta’, e anche se non c’è nessuna influenza diretta (cfr. Cantautoraverz) crescere con un decano della scena musicale indipendente napoletana come Maurizio Capone probabilmente ha aiutato Sano ad approcciarsi da subito con consapevolezza ad alcune dinamiche dell’industria musicale, della città, della sua musica. Questi quindici minuti dove è protagonista (quasi) assoluto ci consegnano integralmente la sua visione, in quello che è una specie di concept dove temi e frasi ritornano costantemente.
Anche il sound è immediatamente riconoscibile, pur spaziando ancora tra elementi ultracontemporanei e brandelli dal passato, il tutto racchiuso in produzioni che semplicemente sono allo stato dell’arte della musica di oggi. O di domani. Rispetto a ‘Discomoneta’, forse qui nell’economia generale emerge più chiaramente un’impronta hyperpop; un caos ordinato di gesti e movimenti sonori, texture e rumori, che comunque non sovrasta mai l’impianto ritmico e il protagonismo delle voci, che si rincorrono nei duetti, nelle melodie autotunate, nel sentimento popolare in bilico tra il meridione e il gospel evocato dagli echi e dalle rifrazioni di parole in Melodino 39285107// e Le mie gambe, le mie tasche.
Alla prima prova dopo l’album collettivo, la famiglia Thruco conferma tutto il carattere delle prime apparizioni e sembra ancora essere solo all’inizio. Se il collettivo sarà scaltro e bucchinaro com’è stato fin’ora, riuscirà a dosare e diversificare le uscite future senza saturare il mercato o, peggio, l’attenzione del pubblico. Continuare con prodotti crossmediali e lavori brevi animati da personalità diverse pronte a mescolarsi, potrebbe essere proprio la strada giusta.
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La recensione L'industria, il pop, la camera, il sesso di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-03-24 16:21:00
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