Nel suo esordio sulla lunga distanza, Riccardo Morandini racchiude un complesso ma realistico discorso su un'esistenza terrena da riassettare per salvarsi dalla glaciazione dell'Io
Alla sua prima prova in studio sulla lunga distanza, dopo il notevole ep d'esordio solista Eden del 2021, il bolognese Riccardo Morandini mette subito in chiaro, nel migliore dei modi, intenzioni stilistiche e tematiche. Argomentazioni, le sue, di estrema importanza in questa specifica epoca per centrare il bersaglio intuitivo riguardante una visione mai del tutto utopica e irrealizzabile di un presente – più che di un futuro – caratterizzato da scelte nettamente divergenti rispetto a quelle che potenti e comuni mortali continuano a porre in essere fingendo di non considerare la necessità di cambiamenti radicali per l'esistenza umana su questo pianeta.
Il leone verde, infatti, è un album intriso di espressività poetica strettamente connessa a una realtà dei fatti le cui possibili soluzioni salvifiche, in realtà, sono alla portata di tutti tranne che della pigra volontà di fare concretamente, della propria vita, qualcosa di radicalmente votato alla salvaguardia di una specie in via di estinzione. Ma non si tratta affatto di un discorso moralistico fine a sé stesso, perché le motivazioni che Morandini cala sul banco degli imputati sono da intendere come drastica ma attuabile cura contro il modernismo forsennato di rapporti (in)umani deteriorati fino al midollo da una identificazione sociale allo sbando, il cui approdo più salvifico, paradossalmente, potrebbe riguardare non un ulteriore gradino di evoluzione – in che direzione e di che tipo? – ma un passo laterale verso un diverso e più salutare modo, per corpo e mente, di riempire i giorni col proprio respiro vitale.
Ecco allora sprigionarsi tutte le energie utili a conferire a questo splendido processo di rigenerazione autoconsapevole quella valenza universale utile a passare in rassegna concetti come amore, spiritualità, predisposizione artistica, rapporto diretto con la natura e, di riflesso, col proprio Io in essa immedesimato. Ma non c'è mai un solo granello di noia né di ridondanza concettuale nell'espressione di tematiche comunque fin troppo spesso poste all'attenzione del pubblico, perché il modo in cui Morandini le mette in atto è estremamente filosofico ma mai banale, ermetico ma perfettamente condivisibile da chiunque.
Musicalmente, il trampolino di lancio è un cantautorato attualizzato da una forte e affascinantissima componente psichedelica di provenienza tardo '90 o primi 2000, declinata in varie diramazioni a seconda dell'emotività messa in gioco o dello specifico sottotema trattato. Si parte, così, dalla docile psichedelia cantautoriale in vena di shoegaze di Immagine – viene quasi da pensare al primo Jonathan Wilson, ma forse è solo un'impressione – per poi approdare su lidi di cantautorato moderno alla Virginiana Miller (Unione), fondamenta psico-dark-prog in salsa sudamericana ma con picchi di jazz-fusion e tratti wave orientaleggianti quasi alla Litfiba di primissimo periodo (la splendida Menade), lievi incursioni semiacustiche a stelle e strisce ma sempre in corpo lisergico e con declamazione 'ferrettiana' dei testi (Candida rosa), fraseggi pianistici da cantautorato classico ma con strutture prog (Sole dei sensi) e diramazioni folk con magnifiche code psichedeliche di stampo british (Luce sulla collina).
Corposo e importante lavoro concettuale di strettissima attualità nonché splendido esempio di attualizzazione cantautoriale capace di viaggiare comodamente tra complessità e accessibile godibilità.
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La recensione Il Leone verde di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-04-15 12:30:17
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