Comunque lo si voglia guardare, C'mon Tigre resta una realtà molto complessa da descrivere. Nato nel 2013 e ispirato ai viaggi dei due fondatori, che allora come adesso hanno deciso di rimanere nell'anonimato, questo progetto si basa sulla collaborazione dei due di cui sopra con una lunga lista di musicisti di varia estrazione: un cast variabile che ad oggi vanta più di trenta musicisti totali e che ci impedisce appunto di trovarne una definizione semplice.
Anche da un punto di vista più strettamente sonoro, lo stile dei C'mon Tigre si presenta tanto riconoscibile quanto difficile da inquadrare: un blend di jazz, blues, psichedelia e costruzioni ritmiche che spesso trovano la loro ispirazione nella musica nordafricana di artisti come Anouar Brahem o Mulatu Astatke. Il loro ultimo album, Scenario, non fa eccezione ma anzi, aggiunge al taglio malinconico e misterioso dei loro album precedenti uno strato tematico fino ad ora rimasto parecchio sotto traccia.
Questa novità la troviamo già a partire dalla terza traccia, Kids Are Electric, singolo uscito un mesetto fa. Questo brano, che può vantare tra gli altri la partecipazione di Gianluca Petrella (compositore, musicista e pilastro del jazz contemporaneo italiano), è costruito sui ritmi del forró brasiliano, attorno a cui ruotano un semplice groove di chitarra e le numerosi parti cantate. È una marcia vivace che sembra scandire i punti quello che loro stessi definiscono il manifesto per una rivoluzione elettrica. Una rivoluzione “in cui al contrario le energie attraggono elementi diversi, tipo in un gigantesco campo elettromagnetico. Un futuro modello di forze in mano alle nuove generazioni, la diversità come risorsa primaria”. Questa, seppur ben lungi da una dichiarazione politica vera e propria, appare comunque come una presa di posizione, e non è la sola del disco.
Tracce come Supernatural e Automatic Ctrl ripercorrono strade familiari per il collettivo, volteggiando lentamente sulle atmosfere noir e sensuali che puntualmente C'mon Tigre riesce a regalarci. Nella prima è la misteriosa e ipnotica linea di synth a catturare l'attenzione, mentre della seconda, una interessante esplorazione di un ipotetico legame romantico tra uomo e AI, colpisce l'utilizzo dell'orchestra che contribuisce al carattere avvolgente del brano.
Con la traccia che segue però, No One You Know in collaborazione con Xenia Rubinos, pare che il collettivo abbia di nuovo qualcosa da dire. La voce della cantante e polistrumentista di origini portoricane e cubane serpeggia leggera su un groove di chitarra tanto semplice quanto infettivo e ci racconta della paura di ciò che non si conosce; delle sensazioni di alienazione e isolamento che questa paura può causare; di come “ci si ritrova stranieri all’interno di un mondo che è di tutti, e ci si ritrova in movimento quando tutto il resto sembra fermarsi”. Xenia ci accompagna per tutta la durata del brano, alternandosi ai cori, che in classico stile C’mon Tigre hanno una valenza sia ritmica che melodica, e agli ottoni, che contribuiscono alle atmosfere amare del brano.
La sezione centrale del disco prosegue su ritmi lenti, giocando con sonorità ed atmosfere terribilmente evocative, con Migrants e La mer et l'amour che guardano il Mediterraneo da punti di vista completamente differenti, prima di lasciare spazio ad una chiusura che riprende i ritmi vivaci delle prime tracce.
Qua, in collaborazione con Colin Stetson, sassofonista americano, il collettivo riscrive e ri-immagina un rave con cassa in quarti trainato quasi esclusivamente dal sax, sia dal lato melodico che da quello ritmico: una conclusione bruciante e sonicamente prepotente. Al suo terzo album, C'mon Tigre ci mette di fronte all'ennesima dimostrazione dell'immensa varietà di cui è capace, costruita su uno stile immutabile e tanto difficile da definire quanto bello da ascoltare.
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