Ve lo ricordate il Lo-Fi? Il Do It Yourself? Ecco, da quando a casa ci si può fare un disco per bene, con risultati non dico uguali ma simili ai grandi studi, il lo-fi quello apparentemente brutto sporco e cattivo, quello da cassetta Maxell smagnetizzata, calcata e ricalcata, sembra essere sparito. E invece: il primo tentativo in italiano dei The desperate call of the sea va proprio in quella direzione e lo fa bene.
Un demotape che stordisce per intensità, per la confusione dei testi che non arrivano chiari e necessitano di uno sforzo di comprensione, e che una volta compresi raccontano spaesamento: praticamente una meta-canzone. Gli strumenti invece, escono ancor più vivi, soprattutto le chitarre.
"Gli accordi sono quelli di anni fa su cui urlavi", ed è subito band del liceo, saletta prove, registratore acceso per catturare gli impulsi creativi, e nonostante sia evidente che questa estetica e questa semplicità sia ricercata, ci si vede una espressività inedita e più libera, senza perdere l'approccio punk, ma avvicinandosi alle parti di Acqua Azzurra Acqua Chiara per l'immediatezza dei pezzi –Malaussène tra tutti – mentre sono più enigmatici quando vanno dalle parti del grunge.
A due anni dalla precedente prova, Mare Elefante è un dischetto sporco e storto, nel pieno stile della band ligure.
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