Che Tordo dei Vadva non sia, esattamente, il disco d'esordio più addomesticabile del mondo non ci piove ma, proprio questa sua asperità, credo, è anche il suo più grande punto di forza. Anzi no, mi correggo: la prima cosa che balza agli occhi e alle orecchie, a proposito del lavoro d'esordio del power-trio è che Alessio Cartelloni, Matteo Bassoli e Ivan Borsari, assieme, suonano alla grandissimo.
No, sul serio, fate il favore di ascoltarvi Canneto Spaziale e poi venitevi a dire quante band, oggi, in Italia sono in grado di scatenare una tale potenza infera come i Vadva. Bene, per un disco dichiaratamente progressive come questo, progressive-rock per meglio dire, basta, almeno per me basta e avanza a "vendermelo". Ma c'è anche molto di più. C'è anche Dattero, una prima traccia che è già da sola una cartina di tornasole dell'intero disco e una dichiarazione d'intenti della band: noi suoniamo la musica che ci piace, il resto non conta. Anche perché "questa musica che piace a loro" piace anche a me e, immagino, pure a molti di voi.
Poi è suonata, davvero, benissimo, come si evince da un brano quale Capri. Forse, se proprio si dovesse trovare il classico pelo nell'uovo, non tutti i pezzi hanno una qualità omogenea e, alcuni, soprattutto nella parte centrale, sembrano un po' dei b-side. Tuttavia, al netto di qualche piccola imperfezione, l'impressione generale è buonissima. E parlando di un esordio, anche iper-speranzosa per il futuro.
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