Pop leggero e arioso, cantautorato di piccoli problemi affrontati con leggerezza e con una voce melodiosa e personale.
io ci sento un sacco di aria in questo disco. Fin dalla prima traccia, in cui le domande "ma come fai" affollano la mente del protagonista, l'aria, la cosiddetta headroom, in gergo fonico, fa respirare le canzoni in una maniera liberatoria. Saranno gli strumenti acustici, la scrittura semplice ma non banale, i giri armonici che saranno convenzionali ma in alcuni casi suonano come rock anthem da stadio – Scacco –, Inverni è una prova di full lenght album ad ampio, appunto, respiro.
Proprio la title track, così acustica e sognante, è un po' il simbolo delle sonorità e della scrittura, con quella batteria live ma che sembra un campione d'altri tempi e una narrazione confidenziale, mentre la voce carezzevole spiega di punti da fissare e virgolette fuori posto, una inquietudine leggera, vissuta senza drammi. E se fosse una condizione che viviamo tutti e per questo non da sminuire, ma da considerare tra le cose della vita? Quando si ha paura della Noia ma si vuole una vita "semplice come una fiction di Rai3" – una delle canzoni più belle del disco.
Un cantautorato semplice e leggero, con storie raccontate senza pretese ma con precisione e una penna delicata, come l'ultimo Diodato, anche per la voce melodiosa e intima, o la migliore tradizione del songwriting voce/chitarra di Dente e Brunori, filtrate attraverso il pop di Calcutta e dei Thegiornalisti pre-scissione, sfociando in un funk alla-Bugo – Sistemi complessi –
La voglia di tornare bambini, la nostalgia, ma anche voler guardare il mare o "diventare un torrente", il rapporto tra il tempo e la natura, come se noi ne fossimo parte, e il tempo della nostra vita fosse le stagioni. Eccoli, gli inverni.
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La recensione Inverni di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-04-29 00:00:00
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