Questo disco è brutto, molto. Non ti muove nulla né con le musiche né con le parole. E dispiace perché l’intento del gruppo – gli ho fatto qualche domanda – è di arrivare a trasmettere emozioni a chi ascolta, riuscire a scrivere canzoni narrative a prescindere dalla cornice politica. Tentare di lasciare quella strada intrapresa molti anni fa e che adesso si sta dimostrando sempre meno felice e percorribile. Ma questo disco resta un disco brutto, e non so che farci. Posso apprezzare “Amore Mio Infinito” che parla dell’amore per un figlio scomparso. Tema per una volta nuovo. Ma sembra arrangiata da Zucchero. “Alla Fine Della Terra” è un’immagine di abbandono, lasciarsi tutto alle spalle e stare a sentire il tempo che scorre sereno. Non coinvolge, resta una macchiolina poco chiara e la musica è veramente debole.
Poi ci sono le altre, e qui ci sarebbe da accanirsi. Partendo dalle metafore sui reality show, all’ennesimo omaggio alla “meglio gioventù” di Giordana. E poi storie di viaggi clandestini, di mondi clandestini, amori clandestini che potrebbero essere intensi ma restano, invece, solo accennati. Tutto è schiacciato da un pennello politico che deve dettare luoghi e situazioni lasciando veramente poca aria all’immaginazione. Capisco che la mia è più una discussione ideologica – forse non più così fresca e utile - che altro, ma in questo caso ci si trova a discutere di un disco che offre già poco di suo e che prova ad attingere da un patrimonio di canzoni che negli ultimi 10 concerti del primo maggio si sono standardizzate in una forma ormai sterile e nostalgica. Si dà la zappa sui piedi da solo. E le illustri collaborazioni non fanno che rendere la foto di gruppo più affollata ma allo stesso tempo dimenticabile.
Questo disco può essere utile a farci chiedere – questo mi suggerisce la title track – se le cose vanno male per colpa del cattivo di turno che dirige le tv o per colpa della passività, stupidità, sfortuna del suo pubblico. E’ una domanda, ormai, non più nuova. Continua ad essere interessante porsela. Io opto per la passività perché credo – almeno per quel che riguarda il mondo musicale - che la gente si “addormenti” a sentire dischi come questo. E la colpa più grande ce l’hanno i Modena City Ramblers. Loro hanno realizzato, meglio di tutti, il business dello stereotipo di sinistra. Li odio per questo. I Casa del vento non sono che una delle tante vittime della foto di gruppo già citata dove Cisco Bellotti sorride contento. Insieme a loro i molti ascoltatori, spettatori, compratori di dischi che si sono abituati ad un ozio sonoro non poi così distante da quello televisivo. E chi crede che tale musica possa cambiare qualcosa – in meglio - nella vita altrui non fa che mettersi in coda alla lista. Siamo un paese dove tutti hanno la testa fasciata, chi perché se l’è rotta davvero e chi perché ha paura di rompersela. Si ha paura di provare qualcosa di nuovo e allora si rimane tristi chiamando la tristezza solidarietà. Ci crediamo solidali.
E dispiace perché le parole di Luca Lanzi, il cantante della formazione, nella mia breve conversazione telefonica sono permeate di speranza, voglia di serenità, gioia. Dal desiderio di riuscire a fare un album migliore di questo, di riuscire a parlare di sé, di parlare della sua vita e dei suoi figli. Glielo auguro di cuore. Sul serio, con tutto il cuore. Aspetterò il prossimo disco, anche se con poca fiducia.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.