Sia chiaro: “Ventilator Blues” dei Mosquitos è un disco carino. Si lancia a folle velocità sulla scia degli Interpol - benché in effetti la storia del gruppo italiano sia ben più lunga – sfruttandone le traiettorie melodiche e carpendone in alcuni punti i segreti della perfetta canzone indie rock. E, certo, si tratta in entrambi i casi pur sempre di emulazione. Ma la personalità dei padri – Joy Division e Psychedelic Furs in primis – è troppo forte, troppo grande, troppo mitologica perché tutti i loro giovani eredi possano vivere soltanto di vita e luce propria.
Bisogna ammettere se non altro che alla monolitica linearità della band newyorkese di “Turn On The Bright Lights” i Mosquitos oppongono maggiore variabilità sonora, passando dall’alt. country di “By The Gun” alla splendida ballata pianistica “Kill The Chief”, straziante prova vocale di Mario Martufi che potrebbe essere in odore di alta programmazione radiofonica. Ciò che manca al quintetto è quel senso di meraviglia indie che, invece, è ben presente nella gran parte delle canzoni di Paul Banks e soci. Perché, fuor di metafora, il post punk di “Zed” non vale certo quanto l’epica chitarristica narrata dagli Interpol nell’inno “PDA”.
Paradossalmente quindi il motore dei Mosquitos gira a mille quando la band si smarca dal rigido binario dark e si tramuta in qualcosa di musicalmente più insolito rispetto ai diretti concorrenti. Sta di fatto che le potenzialità ci sono. Ma sono da mettere a fuoco.
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