Uno dei motivi per cui mi sono scoperto, nel corso degli anni, amante della musica pop – perlomeno di quella bella, ben fatta e ben pensata – è che, con la scusa di dover raggiungere un pubblico il più ampio possibile, nelle canzoni ci si possono permettere giochi e contaminazioni stilistiche che gli altri generi, così seriosamente inquadrati nei propri canoni, tendenzialmente si sognano.
Prendete per esempio E così sia, esordio del trio salernitano La Preghiera di Jonah. Dentro ci stanno i quattro quarti della disco (Astinenza), il featuring al sapore di alt-rock con quella garanzia che è Edda (Respiro), l’indie alla The Killers (Giulio, commovente dichiarazione d’affetto per il padre scomparso), i sintetizzatori anni ’80 di Case popolari, la ballad Milano posta sapientemente al termine del disco per smorzare gli animi. E tuttavia, a dispetto della varietà di riferimenti e stili approcciati nel corso dell’album, E così sia è un lavoro organico, attraversato da un filo rosso che costituisce l’intelaiatura di ciascuna canzone, e che altro non è che la volontà dei La Pregheria di Jonah di creare un disco nel quale inserire tutte le cose che piacciono loro, che suoni secondo il loro gusto, ma aperto e godibile a tutti: pop, insomma.
Oltre a ciò bisogna considerare un ulteriore fatto, forse più basilare ma non per questo meno importante: i tre ragazzi sanno suonare, e lo sanno fare bene. Riescono a plasmare il ritmo dell’intero disco, a tramutarlo in un’esperienza d’ascolto completa, tanto che arrivati al termine della mezz’ora scarsa di musica si resta con un duplice sentimento: da un lato l’appagamento di essersi gustati un vero e proprio album, un percorso musicale dall’inizio alla fine – e non una raccolta di singoli come spesso accade ultimamente; dall’altro la spiazzante insoddisfazione del “ma come, già finito?”. Fortuna che esiste il tasto “replay”: preghiera esaudita.
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