Per recensire il lavoro dei Votiva Luxbasta ricorrere alle note interne del booklet: Ian Curtis (do you rememberJoy Division?), Federico Fiumani (i Diaframma vi dicono qualcosa?), JohnnyMarr (richiamo agli Smiths?), Emidio Clementi (sì, proprio il leaderdei Massimo Volume), Depeche Mode e, last but not least, Charles Baudelaire,vissuto più di un secolo fa, ma molto attuale per testi e ispirazionedel gruppo bolognese, sono i nomi che ci aiutano a capire i percorsi tracciatidal quintetto nella sua prima esperienza discografica.
È così che si presenta “Il canto del cigno?”, un albumconcepito in circa 10 anni di attività, alla ricerca di un suonoche ha veramente tutte le carte in regola per essere apprezzato non solodalla critica (cosa che è già avvenuta), ma anche da un pubblicoche si aspetta qualche nota di buona musica. Premettiamo subito che la‘new-wave’ di matrice fiorentina (?!), più che anglosassone, èla coordinata principale che può tornare utile nell’orientamentoall’acquisto.
Diciamo pure che chi apprezza tutti quei nomi sopra citati, aggiungendomagari nella lista anche i lavori dei primi Litfiba (in sostanza quellifino al 1988), rimarrà favorevolmente stupito dalla proposta sonoradei Votiva Lux, capaci di ricreare nel migliore dei modi le atmosfere tipichedel rock anni ’80 che nella nostra penisola ebbe discreto seguito. In piùdi 70 minuti e ben 20 tracce (anche se ci sono 5 remix o giù dilì), si scoprono delle melodie di notevole spessore.
Personalmente sono rimasto affascinato dal brano omonimo, tra chitarreacustiche e percussioni in bell’evidenza; la voce di Andrea Cavani, e inparticolar modo la sua interpretazione, contribuiscono a riportare allamemoria tutti quei richiami prima evidenziati, tanto che pezzi come “Elevazione”o “Il vampiro”, ispirate entrambi da C. Baudelaire, legittimano la miaimpressione. Si collocano nella stessa area tracce come “Domani”, l’iniziale“Morire dentro te” o la stessa “Punto zero”, dedicata a Ian Curtis.
Naturalmente, alle ottime intuizioni musicali, si aggiunge la bellezzadei testi: introspettivi e tutt’altro che scontati, sono ispirati principalmente dalle ragazze di Giulio “Pavone” Sangirardi, il deus ex machina del progettoinsieme a Gabriele “Mine” Bufalini. Ecco così un altro utile tasselloda aggiungere per convincersi delle potenzialità della band, oraimpegnata a registrare il nuovo disco, “…dalle forti connotazioni psichedeliche,space, ambient, post rock, etno (!!!!), e sarà pressochéstrumentale, con uso di strumenti per noi inusuali come il bouzouki greco,il contrabbasso, il campionatore, il moog, l'MS 20 Korg.”. In attesa disorprese, godetevi il primo lavoro.
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La recensione Il Canto del cigno? di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1998-11-21 00:00:00
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