Post Nebbia Entropia Padrepio 2022 - Rock, Psichedelia

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La band padovana fa risplendere il proprio taglio psichedelico in un concept album superstratificato e ipnotico, alla vana ricerca di una risposta ai misteri della fede

Dei lentissimi rintocchi da un campanile mentre un vento freddo soffia minaccioso. Non sono le campane del rUock di Hell's Bells – dio ce ne scampi – o il duello finale di un vecchio western, ma l'inizio di Entropia Padrepio, terzo disco dei padovani Post Nebbia. E ciò lo si riconosce nel giro di pochi secondi dall'inizio, quando a prendere il sopravvento sono le allucinate visioni lisergiche tanto care alla band guidata da Carlo Corbellini, autore di tutto i brani del disco e in veste di produttore assieme a uno dei più forti della scena underground: Carlo Porrini, aka Fight Pausa.

Dopo l'exploit di Canale Paesaggi, secondo disco a firma Post Nebbia pubblicato nell'ottobre del 2020, le aspettative erano alte. La melassa lo fi di uno psych rock alienante e claustrofobico era il perfetto specchio dell'effetto straniante provocato dalla televisione, concept al centro del disco. Ora la prospettiva si allarga, va a prendere un tema per certi versi molto simile ma molto più ampio e complesso da affrontare. Lo suggerisce già il surreale gioco di parole nel titolo, Entropia Padrepio: è la religione l'intricatissimo nodo da sciogliere, sempre che sia da sciogliere e non da contemplare, con lo stesso occhio penetrante che due anni fa era fisso su un vecchio televisore sintonizzato su un qualche improbabile canale regionale.

Intro setta le inquiete atmosfere in cui andremo a immergerci, con tanto di mini bossa nova a dare un tocco di follia al tutto. Seguono le palpitazioni di Voce fuori campo, tra organi distorti, il buio di Kavinsky e il cupo distacco del cantato. È l'inizio del viaggio dentro alla perdita dell'Io nell'affidarsi a un'entità più grande, un Dio o chi per lui che possa guidarci alla salvezza dell'anima e, al contempo, alla rinuncia del pensiero nell'affidarsi alla cieca fede. Più che alla critica alla religione c'è un processo di autoanalisi che ribolle sotto, riflessioni su ciò che significa la nostra individualità rispetto all'infinita grandezza dell'universo.

In tutto questo, è un'accoppiata devastante quella dei Carli. Le spire funkettose di chitarre liquide e i bassi avvolgenti diventano il terreno fertile per far germogliare ramificazioni di synth che si intrecciano tra loro, come un'architettura gaudiana con le fondamenta fatte di una gelatina indistruttibile. Il suono si fa ancora più contaminato, ci si apre totalmente alle visioni cosmiche degli anni '60 più eterei – anche se il viaggio non è col Bianconiglio di Alice nel Paese delle meraviglie, ma alla parrocchia vicino casa dove è parcheggiato "un pullman di calabresi", citati in Viale Santissima Trinità – per metterci dentro le armonie dei Beach Boys, svarioni prog, saltelli beatlesiani e passaggi da epoca d'oro della library music italiana.

Carlo Corbellini cerca un contatto con Dio, tende una mano che possa bucare l'aspetto più superstizioso, becero ed esoterico di cui la religione – e, nello specifico, il cattolicesimo – tende a coprirsi per capire davvero cosa l'immensità ha in serbo per lui. Lo fa con un'ironia tagliente nelle immagini, senza rinunciare a mostrarsi fragile di fronte al più grande mistero della vita; fino alla smaterializzazione di Oltre la soglia, che chiude ascendendo all'Altissimo nel cercare le domande alle proprie risposte. La messa è finita, andate in Nebbia.

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La recensione Entropia Padrepio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-05-20 00:00:00

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