L'esordio della band bolognese tra grunge e hard rock '70/80
I Qvintessence esordiscono con questo primo album a lungo rimandato dalla pandemia si auto dichiarano da subito adepti del suono di Seattle, sulla scia lunga non tanto del grunge nichilista e punkeggiante dei Nirvana, ma di quello più debitore ai fondamentali dell’hard rock anni ‘70, vedi alla voce Soundgarden e Pearl Jam.
Affinità elettive a parte, l’omonimo atto primo della band bolognese è in realtà una raccolta di canzoni che guarda verso territori che nella linea temporale dell’evoluzione rock sono un po’ più indietro rispetto al grunge: c’è tantissimo dell’hard rock/heavy metal anni ‘70/’80, addirittura riffing e mood che ammiccano agli AC/DC o all’hair metal più stradaiolo alla primi Motley Crue, il tutto dominato da una prestazione vocale alta in registro e penetrante, nella migliore tradizione dell’ugola rock di quegli stessi decenni. Tra le tante, qualche passaggio ci hai ricordato quella di Byford dei semidimenticati Saxon, dal cui heavy-metal genuino e ancora spruzzato di blues il mood delle canzoni di ‘Qvintessence’ non è in effetti lontanissimo (al netto di una buona dose di epicità in meno). Si tratta insomma, di un lavoro variegato e senza tempo, nel bene e nel male, che a seconda dell’ascoltatore potrebbe suonare come un buon compendio rock o come un mischione informe, con il rischio di penalizzare anche quello che è un lavoro di scrittura, esecuzione e confezione più che sufficiente.
Forse ai Qvintessence non farebbe male provare a sfrondare un po’ il discorso e avvicinarsi all’essenza (appunto) del sound a cui si richiamano, magari lasciamo stare baldanzosi e cercando invece quello spleen grunge che, ad esempio, evocano alla perfezione nelle nirvaniana conclusione con One like me.
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La recensione Qvintessence di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-06-23 17:21:34
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