L'album d'esordio dei bolognesi MANICAs avvia un discorso stilisticamente godibile ma capace di intavolare tematiche non semplici per un ascolto distratto
Può non sembrare ma c'è anche un fondo di malinconia in un lavoro come Posh Punk, primo album ufficiale dei bolognesi MANICAs dopo un ep, La faccia degli dei, e qualche singolo successivo. Ma non si tratta di qualcosa in grado di provocare tristezza o sentimenti particolarmente negativi legati a tempi andati, perché la sensazione principale, almeno al primo ascolto, si avvicina più a una sorta di languorino emotivo per ciò che potrebbe essere ora e invece non è, ciò che potrebbe manifestarsi in una forma concreta e invece si ostina a mantenere una doppia faccia astratta, quando non decisivamente apparente.
In un album come Posh Punk, in fin dei conti, tutto è un po' derivativo – sia lo stile che il contenuto – e potrebbe addirittura presentarsi, all'ascolto più distratto e diffidente, come privo di personalità e pensiero individuale. Ma poco importa perché le idee maturate nel corso degli otto tasselli che lo compongono vengono onestamente portate a compimento espressivo con coerenza e caparbietà decisionale.
Musicalmente ci ritroviamo dalle parti di un punk rock più leggero e posato rispetto a svariati possibili riferimenti anche noti e importanti, miscelato – più o meno densamente a seconda delle esigenze comunicative di ogni singolo brano – a sonorità elettroniche che ora lasciano convergere il tutto verso diramazioni elettropop di stampo commerciale, ora indicano strade anche lievemente synthwave ma sempre seguendo una impostazione radiofonica da formato canzone.
È proprio quello divulgativo, infatti, l'intento di base dei MANICAs per quanto riguarda la capacità di portare a compimento un discorso sonoro affabile che, però, sia anche capace di veicolare narrazioni anche non del tutto semplici da assimilare per chiunque non abbia maturato sulla propria pelle un certo tipo di vissuto.
Emotivamente, il desiderio di supporto elettronico nel formato canzone viene dichiarato fin dall'incipit di Intro come intenzione di sostegno portante del discorso musicale che si andrà a svolgere di lì in avanti e, dunque, non come mero contorno da arrangiamento edulcorato, direzionando ogni volontà espressiva verso piacevoli mondi indie-pop sonicamente regolamentari ma intrisi di critica socio-antropologica da non sottovalutare (Lilium). Al contempo, il punk rock di provenienza si fa 'alternative' in un'impostazione sicuramente a stelle e strisce ma gestita in funzione, appunto, synthwave (Le donne di notte) e, talvolta, con più sfumature rock'n'roll (Pinocchio con il frac, in cui compare alla chitarra Fabio 'Dandy Bestia' Testoni degli Skiantos). Il supporto elettronico si fa più incisivo quando c'è da portare la struttura elettronica in territori wave quasi alla Cure (Alla nostra età), mentre all'approccio tastieristico si sovrappone anche una certa fascinazione funk (Senza pretese) coniugata in aperture disco-wave quasi in controtendenza rispetto all'importante critica sociale frammentata e ricontestualizzata (Ciò che appare è buono).
Nel complesso un buon lavoro di scrittura e cura per gli arrangiamenti che necessita, forse, di più coraggio decisionale per cercare e trovare una via maestra verso una maggiore incisività in termini di unicità artistica sostanziale.
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La recensione POSH PUNK di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-06-17 00:00:00
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