Il duo pubblica un disco destinato a scomparire nel giro di due giorni, dove le loro filastrocche deliranti e scarne nascondo una sensibilità commovente
Quando leggerete queste parole, il disco di cui stiamo parlando potrebbe già essere scomparso nell'etere. Svanito così, un battito di ciglia e puff, niente più. Forse è per questo che lo cerchiamo di cristallizzare con un'effimera recensione, come a volerne prolungare la vita, mentre la sua sorte è già segnata. O almeno così ha annunciato Giacomo Laser, che poi non è altri che il Gioacchino Turù, l'autore di Marco Overcraft assieme a Vanessa V., sul proprio profilo Instagram: solo due giorni di tempo per acquistare l'album su Bandcamp, poi non ci sarà più occasione per salvarlo nella vostra preziosa libreria.
Un disco di inediti registrato tra il 2015 e il 2017, pubblicato solo nel 2022, registrato e prodotto da Alessandro Fiori. Nel mezzo, una pandemia, che si è mangiata due singoli che ora possiamo ritrovare: Sole e Festa cuore, nel cui testo viene citato proprio il Marco Overcraft del titolo. Chi sia questo ambiguo personaggio non ci è dato saperlo: che sia l'alter ego di Giacomo Laser? O magari un parente di Filippo Kamikaze? O il fidanzato di Luisa Toblerone? O forse, ancora, il vicino di casa di Manuel Archibugio? Gli ultimi tre sono inventati – e che il primo non sia frutto di una nostra allucinazione collettiva non ne siamo sicuri –, ma quello della "onomatogenesi" è un giochino che aiuta a entrare nel mondo di filastrocche surreali di Gioacchino Turù e Vanessa V..
Che poi, in realtà, così surreale non è. Si tratta solo di imparare a guardare la realtà con occhi diversi, incrociare lo sguardo spiritato di Gioacchino con quello sfuggente di Vanessa. Non sarà tutto chiaro, ma serve per arrivare a quel distacco dalla normalità e abbracciare in toto la loro poetica libera, a briglia sciolta, tra il dadaismo e il fanciullino.
Su arrangiamenti elettronici scarni ed essenziali, dal sapore artigianale del fatto in casa, la voce di Gioacchino ci guida nelle visioni allucinate della sua metà, con un ghigno indecifrabile sul volto. Fidarsi può non venire naturale, ma è il tocco etereo del timbro di Vanessa che doppia la melodia che ci induce a seguirli. Anzi, è proprio lei ad accoglierci dentro al mondo di Marco Overcraft con la morbidezza ambient di Leone, come a consigliarci di grattare sotto l'apparente nosense per trovarci qualcosa di più sotto.
Quello che ne segue è il massimo dell'estetica laseriana, nel suo incrocio vincente di immagini crude e cantilene infantili, in cui è celata una tenerezza e una profondità fuori dal comune. Come nel minimalismo di Solo e di Squalo, brani in cui pochi versi vengono ripetuti in maniera ossessiva fino a mostrare un'anima drammatica, terribilmente umana, che riesce a sgretolarci di colpo mentre ancora ridacchiamo come scemi pensando a "Marina la francese parla solo di anale" dentro a Festa cuore. O come nell'esperimento Piramidi, dove il cantato è condensato nell'ultimo minuto di brano, dopo 4 minuti di arpeggio strumentale di uno sbilenco minimalismo à la Philip Glass versione facilitata.
La verità è che l'emotività lacerante di Gioacchino Turù e Vanessa V. ha questo effetto proprio perché abbassiamo la guardia, lasciamo che l'aspetto grottesco dei loro brani ci distragga fino a che non ci rendiamo conto che quello che ci viene detto parla vicinissimo al cuore, ma a quel punto è troppo tardi per fermarlo. E poi, perché fermarlo?
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La recensione Marco Overcraft di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-07-01 00:00:00
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