Ben diciassette lunghi brani, tutti difficili da apprezzare. A meno che non siano poesie
E così Settembre - il mese dei buoni propositi per eccellenza - inizia con L'iride di Venere, l'ultima fatica del cagliaritano Anton, già protagonista di diverse produzioni e recensioni su queste pagine. Quindi forza, è meglio non indugiare, davanti a diciassette pezzi in totale libertà, per oltre 70 minuti da ascoltare.
Prospettive di lune denuncia subito la qualità audio dell'album. Il testo sembra frutto di una certa elaborazione, come spesso accade nella scrittura di Anton, ma le condizioni dell'incisione, per oltre cinque minuti, non permettono di apprezzarlo. Le declamazioni della traccia Lacrime di venere, caratterizzata da un effetto un po' forzato sulla voce per altri cinque minuti, fanno sorgere il dubbio che le canzoni siano più che altro poesie e che in queste versioni musicali, a tratti rappate, non rendano a dovere. Confermano l'impressione anche Venere di petrolio ed Estasi.
Da Polline di luna potrebbero emergere alcuni elementi di interesse, perché le parole si intrecciano abbastanza bene con un andamento orecchiabile, tenendo comunque conto dell'originalità dell'interpretazione, di fronte alla quale probabilmente giunti alla quarta traccia si comincia a fare l'abitudine. I sei minuti di Elegia sono però subito un passo indietro. A un certo punto ci si rende conto che nei pezzi appare spesso la "parvenza" (si perdoni il calembour): a questo termine è dedicata la traccia numero sette, unita all'immagine della rondine che torna quattro brani dopo (di nuovo con la parola parvenza). Arrivati a Senza titolo e Angolo di cielo si comincia a fare sempre più fatica ad ascoltare e a comprendere le trame musicali della tracklist, con Golden town che suona prevalentemente come una ripetizione ossessiva di un paio di versi. L'album si chiude con Picasso, uno spoken music stralunato che ha un suo gusto estetico fisico e surreale al contempo.
Alla fine, resta la sensazione che il disco abbia compiuto una piccola rapina alla banca del tempo ma che in ogni caso lo abbia fatto con un certo grado di simpatia sottotraccia. Sempre che possa interessare qualche consiglio, sarebbe utile concentrarsi su produzioni molto più snelle, sintetizzare gli spunti migliori e cercare di realizzare pochi brani e brevi ma nel miglior modo possibile. In particolare Anton potrebbe proporsi come poeta della parola scritta oppure, in ambito musicale, come autore per altri cantanti.
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La recensione L'iride di Venere di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-09-03 14:54:27
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