‘Ignoto’ del duo di Stefania Pedretti (?Alos, Allun) e Bruno Dorella (Bachi da Pietra, Ronin etc.) arriva in un momento di cambiamenti e in un periodo storico complicato, sul piano globale e su quello privato, segnato ovviamente dalla pandemia e anche da una difficile malattia che ha visto uno dei due musicisti impegnarsi in una lunga battaglia personale. Dietro il nuovo lavoro c’è quindi la necessità di ripartire da se stessi, realizzando da soli (di nuovo con l’aiuto di Giulio ‘Ragno’ Favero per mix e master) un album che, in un unico leviatano nero e denso, miscela elementi dal composito e ormai lungo passato del duo, nella forma informe di black, crust e doom, con la presenza elettronica che aveva già contraddistinto ‘Creatura’ (2016) e che ben si sposa, dal punto di vista operativo e concettuale, con la dimensione esistenziale durante il quale l’album è stato concepito.
La necessità è anche quella di raccontarsi in maniera diversa, per la prima volta con testi in italiano e parole più facili da decifrare, che ci aprono uno squarcio su un immaginario classico ma attualissimo e oscenamente familiare per chi contempla con un certo sguardo angosciato le vicissitudini umane, siano individuali o collettive (esiste poi una differenza sostanziale?). Una realtà popolata di ombre oltremondane e orrore cosmico, del nero assoluto dell’immaginario black metal, della familiarità con il male, ma anche di quella seducente sensazione di energia e di potenza che si prova a familiarizzare con l’abisso, a rendersi conto che, una volta esorcizzata l’oscenità dell’esistenza di dimensoni così incommensurabili, ci si può ritrovare a realizzare che “nel volgere di strani eoni anche la morte può morire”.
È la famosa frase di Lovecraft che, trascinata all’inverosimile fino a diventare il mantra-dronee vocale di rito al nero, gutturale e ambiguamente trionfale, apre e dona il titolo a La morte muore. Insieme a Distillati Di Tenebre, è una delle due suite, a loro volta articolate rispettivamente in quattro tracce. Prese singolarmente, le tracce sono tutte autonome e sfociano una nell’altra seguendo un filo nero, soprattutto lirico e tematico, ma con delle soluzioni di continuità; nel complesso, in entrambe le macro tracce vediamo di piegate, contro economie ed equilibri diversi, sempre ben compartimentate, le diverse componenti che sono confluite in questo lavoro: drone, musica elettroacustica e innesti concreti, dark ambient attraversata da grida e rumori lancinanti, poi ancora, più vicini alle radici del gruppo, lo sludge brutale di La Morte Muore (Part 2) e l’industrial primevo del suo seguito, il crust e il doom della prima metà di Distillati Di Tenebre.
In fondo, per filosofia, estetica e dinamica, ‘Ignoto’ è soprattutto un album dall’anima doom; in una declinazione, però, imprevedibile, mutante e in fin dei conti estremamente moderna. È anche un lavoro pesante e volutamente poco accessibile per suoni e minutaggi, e che però, allo stesso tempo, gode di una varietà inusuale per questo tipo di album e anche, quando vuole, di una buona capacità di sintesi e variazione. Un buon simulacro della discografia del gruppo, che ormai ci ha abituato contemporaneamente ad una coerenza assoluta di intensità, colori ed estetica, e ad una imprevedibilità stilistica fuori dal comune.
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