L’Italia ha sempre partorito ottimi cantautori, ma tra le ultime generazioni si fa fatica a trovare nuove leve che si avvicinino ai classici e che incidano opere che il tempo non può invecchiare. Dischi come “La Buona Novella” di De Andrè, per quanto continui ad ascoltarli, ti accarezzano ogni volta con parole dense di immagini, di significati, di raffinata eleganza, che cambiano sapore man mano che cambi tu, stimolando pensieri differenti.
In una Italia che si perde nelle facili produzioni e nelle mode esterofile c’è davvero bisogno di parolieri e musicisti che condividano quella particolare attitudine, quel modo di comunicare tramite suono e poesia, proprio dei Grandi Maestri.
Un anno fa ho accolto l’esordio di Alessandro Grazian come manna dal cielo; con la stessa gioia mi metto ora a recensire un disco uscito nel 2005, in cui mi sono imbattuta per caso solo adesso. Mi fa pensare e sorridere il fatto che entrambi siano veneti….
Ho conosciuto la musica di Giorgio Barbarotta al MusicalBox di Urbino: il suo mp3 era nella bolgia di quelli da selezionare. Il 19 giugno il bravo Giorgio, accompagnato da altrettanto bravi musicisti, è stato incoronato come il migliore partecipante alla VI edizione del festival e s’è portato a casa il premio Antonelli di 2000 euro; io, invece, da giurata sfacciata, l’ho atteso sotto il palco e mi sono fatta dare il suo album.
Averlo tra le mani e infilarlo nello stereo è stata una splendida conferma: un’autoproduzione curatissima fin nei più piccoli particolari, a partire della sofisticata confezione fino alla ricercatezza degli arrangiamenti. Il suo suono è il risultato di un riuscito intreccio di strumenti acustici ed elettrici, in grado di soddisfare le orecchie più colte che amano ritrovarsi nella raffinatezza, ma di farsi anche apprezzare da quelle che hanno un’attitudine più rock ed esigono vigore. I testi, che si snodano su calde melodie, sono scritti bene, intimi e dipingono "Schegge (di vita propria)" con un’attenta semplicità. Trasuda grazia e stile, leggerezza ed emozione. E’ un disco in cui lasciare il tuo cuore, in qualsiasi fase si trovi: avrà comunque ristoro e nutrimento.
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