I vicoli di Napoli e le paludi del delta del Mississipi: questi gli ingredienti di "Nun te ne fa'", disco sospeso tra il blues sporco degli Stati Uniti del sud e la canzone popolare partenopea.
Vi sarà capitato sicuramente di leggere o sentire, nel corso delle vostre giornate, qualcuno di quei luoghi comuni triti e ritriti sulla musica, cose del tipo “La bellezza della musica sta nella sua capacità di annullare le distanze” – un pensierino che, in quanto a profondità e capacità di cogliere le sfumature di complessità del reale, viene subito dopo la scritta “Live, Laugh, Love” impressa sulle t-shirt da tre euro al mercato rionale. E però mi piace pensare che i luoghi comuni, talvolta, siano come le leggende: ci deve essere un fondo di verità nelle loro parole; deve esistere qualche disco capace, effettivamente, di trascendere i limiti geografici e culturali entro i quali è stato concepito, per riuscire a parlare, se non proprio a tutti, perlomeno ad una vasta parte del consorzio umano.
Sono abbastanza convinto che Nun te ne fa’, il nuovo album del cantautore napoletano Gnut, appartenga a quest’ultima categoria. Le atmosfere del disco uniscono due lembi di terra in apparenza lontanissimi, sia culturalmente che – soprattutto – geograficamente: un minuto sembra di correre tra i banchetti dei vicoli della Napoli più antica e verace; quello dopo, eccoci seduti in una veranda sulle rive del Mississippi, a strimpellare una vecchia chitarra scordata contemplando il placido scorrere del fiume. Nei dieci brani dell’album si incontrano, fondendosi alla perfezione, il mondo della canzone popolare napoletana e dei suoi racconti fatti di quotidiana umiltà con quello del blues rock americano e delle sue sonorità grezze e vagamente allucinate. A volte la bilancia pende più verso il bacino mediterraneo (I’, Duje Vicchiarelli), mentre altre si sposta chiaramente oltreoceano (Ammore quanno è ammore, Nuvola): il risultato è, in ogni caso, un inno felice e spontaneo al sincretismo musicale, una vivida testimonianza di quanto le contaminazioni fra differenti culture e idee possano rivelarsi fruttifere e innovative.
La tradizione della musica partenopea trova in Gnut un valido interprete e – soprattutto – rinnovatore, capace di costruire qualcosa di nuovo partendo da una tradizione consolidata. Il suo viaggio musicale è un viaggio attorno al mondo, volto a raccogliere le sonorità con cui dipingere il proprio universo musicale. Non è necessario essere estimatori della canzone popolare e dialettale per apprezzare l’opera di Gnut, anzi: se pensate che non faccia per voi, dategli una chance. Nun te ne fa’ è l’occasione perfetta per fare un passo oltre i propri schemi mentali.
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La recensione Nun te ne fa' di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-10-14 00:00:00
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