Musica senza confini: non c'è altro modo di definire "Boussadia" dei Fanfara Station, primo capitolo di una prossima trilogia programmata dal vulcanico trio elettro-jazz con influenze funk Il polistrumentista tunisino Marzouk Mejri, il trombettista canadese Charles Ferris e il DJ e producer di musica elettronica torinese Marco Dalmasso aka Ghiaccioli e Branzini mettono in scena uno spettacolo, a mio modo di vedere, anzi di sentire, semplicemente grandioso, in cui i ritmi, gli stili e le influenze di culture diverse si uniscono in un discorso sonico veramente impressionante per qualità.
Un pezzo come, ad esempio, "Sabra", la mia traccia preferita, è la vera quintessenza del disco: profondo, stratificato, denso ma non per questo troppo complesso. Infatti in Boussadia si può, anzi si "deve" ballare, visto i ritmi trascinanti qui contenuti. Dal punto di vista, invece, delle coordinate geografiche, questo primo capitolo, si setta molto vicino al "modo di sentire la vita e la musica" che si ha in Tunisia. Infatti qui c'è una vera e propria opera di "valorizzazione dello Stambeli, la musica animista degli schiavi del sud della Tunisia, che ha come personaggio di riferimento, appunto, Boussadia, maschera tunisina simboleggiante una sorta di giullare, un griot cantastorie vestito di stracci colorati".
Anche se, forse, non siamo tanti abituati ad ascoltare simili colori l'invito non può che essere un "invito al viaggio" tra queste, multicolori, note. Non ve ne pentirete.
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