Nostalgia in versione acustica per gli amanti di certa musica alternativa che ha segnato un'epoca
L'estetica e gli arrangiamenti degli anni Novanta di tanto in tanto riescono ancora a rinascere, come una fenice dalle proprie ceneri. Il fantasma del grunge, l'ombra di Cobain e di emulatori vari, la scena di Seattle come stella polare. Questa più o meno la panoramica di contaminazioni che ha influenzato la nostra scena musicale di quello splendido decennio sonico, ma anche quella che torna prepotentemente in auge a cicli regolari.
È il caso di C'era solo da aspettare del cantautore milanese Lacero, artista che già ci aveva conquistato nel 2021 con l'esordio intitolato Orso Bipolare. In questo nuovo disco sono contenute dieci tracce che si allontanano dalle distorsioni dell'esordio, dai fuzz e dalle batterie pestanti, per arrivare ad una dimensione più intima e allo stesso tempo oscura. Un album di brani che potrebbe essere un greatest hits in versione unplugged, con chitarra e voce a dominare una scena malinconica e carismatica, spiazzante e dolorosa. Con un'impostazione vocale che a tratti ricorda quella di Luca Carboni ("Ci siamo bruciati"), Lacero ci porta in un regno racchiuso tra il cuore e la cameretta, lasciandoci attraversare un corridoio di sensazioni che ci riportano a collegamenti con artisti come Moltheni e AqueFrigide (per chi ha memoria), con Edda e gli Afterhours sullo sfondo. Il disco brilla nella title track e nella ballata orchestrale "Ti ho vista partire", diventa claustrofobico in "Sigillo" e "Uno squarcio in gola".
Esisteva una musica indipendente prima dell itpop, Lacero ce lo ricorda nella maniera più intima e grezza possibile, di stomaco e di cuore.
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La recensione C'era solo da aspettare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-10-07 00:00:00
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