Partiamo da un assunto: per quanti infimi cd vengano stampati ogni giorno, ce n’è sempre qualcuno che vale la pena di ascoltare. Ci vuole molta più fatica di un tempo per trovarli, ma ci sono, così come c’è chi si dedica alla musica con un’attitudine sinceramente orientata alla qualità e alla ricerca. Un esempio lo forniscono i Vonneuman con il loro nuovo cd pubblicato dall'etichetta indipendente Homemade Avantgarde di Lorenzo Brutti, il quale inaugura una nuova collana, “I Dischi della Lepre”, dedicata ai dischi insoliti e sperimentali. Inutile dire che la scelta è esemplare: per quanto assenti da quattro anni, dai tempi del loro “jaser/Laego”, i Vonneuman rappresentano di certo un allontanamento dalle sonorità più facili e scontate dell’indie italiano, forti di una competenza tecnica di tutto rispetto.
Il loro approccio improvvisato tradisce influenze jazz, ma guarda in particolar modo alla stagione post-rock di fine anni ’90. Il primo brano, “Half Cab Segmento”, è una sorta di tributo ai Tortoise più melodici, con le sue oscillazioni esotiche tra timbri acuti e gravi. “Late Achille Wheelie, Tartaruga Out” è un’improvvisazione in libertà che ricorda gli esperimenti al confine tra jazz e rock degli Storm and Stress. Per quanto eseguiti con strumenti tradizionali, i crepitii di “One Foot Freccia Big Spin” fanno pensare all’elettronica glitch e ambient. L’elettronica ritorna in modo più esplicito nel seguente “No Comply Varial Revert”, le cui modalità espressive sono tuttavia più vicine al mondo del jazz che a quello dei dancefloor. L’ultimo brano, “Il quinto paradosso”, è un esercizio sugli anni d’oro del rock tedesco, quello dei primi ’70.
Forse la vera originalità di questo disco risiede sul piano concettuale, tanto che si potrebbe postulare la nascita di una sorta di philosophic-rock sulla falsa riga del math-rock. Già il nome del gruppo rimanda al fisico John Von Neumann, a cui viene comunemente accreditata l’invenzione del computer. “Switch Parmenide” è invece un concept album sui quattro paradossi di Zenone che, lungi dall’essere un semplice pretesto, formano un elemento essenziale del disco, forse più importante della stessa musica. In appendice, sul sito del gruppo, segue una curiosa teoria sugli insiti legami tra composizione, registrazione, skateboard e filosofia che francamente non ho capito. Dovrei avere un po’ di ripetizioni, ma al giorno d’oggi chi se lo può permettere?
---
La recensione Switch Parmenide di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-11-05 00:00:00
COMMENTI