Ci sono tante cose diverse e tutte ugualmente interessanti in “Marsa”, album di esordio del cantautore Alfredo De Luca, in arte Mammaliturchi.
C’è innanzitutto una capacità di scrittura originale che riesce però a mantenersi lineare e concreta. Ci sono suoni che si rifanno a un immaginario retrò, complice la presenza corposa di sintetizzatori ed effetti che guardano agli anni Settanta, evocando scenari psichedelici senza però troppo spazio per la nostalgia.
C’è un cantato delicato e poetico che racconta storie evocando immagini nitide. Ci sono arrangiamenti di qualità che donano ai pezzi un vestito elegante e articolato.
Ci sono le influenze dei cantautori italiani e della musica sudamericana e c’è spazio infine per le contaminazioni di generi (vedi gli intricati passaggi sonori di “Damasco”) e di culture (su tutte la title track, che chiude il disco), in un’amalgama pulsante e creativa.
Otto brani che invitano al viaggio, alla scoperta e alla libertà espressiva: “Marsa” è in questo senso un album importante e Mammaliturchi un progetto che merita un palcoscenico (inter)nazionale e un pubblico numeroso.
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